Intervista a Mikey Madison, la star di "Anora" in nomination agli Oscar 2025
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Intervista a Mikey Madison, la protagonista-rivelazione di Anora che è già tra le favorite per l'Oscar come migliore attrice
Con questa freschissima nomination da protagonista agli Oscar 2025, l'attrice Mikey Madison sta vivendo il suo “anno della svolta”. La 25enne losangelina, finora nota soprattutto per aver recitato in Better Things, C'era una volta a… Hollywood, Scream e La donna del lago, è in procinto di assurgere al rango di star grazie al ruolo principale nel film Anora di Sean Baker - vincitore della Palma d'Oro al Festival di Cannes 2024 e ora candidato agli Oscar 2025 come Miglior Film - la folle storia di una spogliarellista russo-americana a un tempo scaltra e irrimediabilmente romantica.
Quando, nel film, incontriamo per la prima volta l'esuberante Anora, detta “Ani”, la telecamera ci offre una panoramica dello strip club sulle note di Greatest Day dei Take That, quindi appare lei, del tutto a suo agio in quello che è il suo elemento: look da urlo, orpelli scintillanti tra i capelli, carisma da vendere, intrattiene i clienti del locale con consumata professionalità. Ma ecco che uno di questi, il giovane e scostante Ivan (Mark Eydelshteyn), errabondo rampollo di un ricco oligarca russo, le cambia la vita. I due si piacciono e, prima ancora di rendersene conto, Ani regala a Ivan l'esperienza di avere una fidanzata, quindi quella di una fuga – con matrimonio – a Las Vegas.
Ma questo non è Pretty Woman. Il film inizia come una travolgente storia d'amore, ma ben presto si trasforma in un grottesco parapiglia, che vede la famiglia di Ivan intervenire con la forza, la formidabile Ani resistere a suon di pugni e il suo neo-marito darsi alla fuga. Poi, nella parte finale, ecco che il tono cambia di nuovo, e la giusta furia di Ani lascia il posto a un travolgente strazio.
Il tutto funziona, dal punto di vista cinematografico, perché Madison è semplicemente straordinaria. Qualcosa di cui il mondo si è già accorto. In primavera, al Festival di Cannes, ha catturato l'attenzione dei media passeggiando sulla Croisette in un leggero Chanel rosa confetto e festeggiando poi con Baker quando il film si è aggiudicato la Palma d'Oro. Adesso Anora sta finalmente per arrivare sul grande schermo (l'uscita nella sale italiane è prevista il 7 novembre), e Madison è tra le favorite nella corsa all'Oscar 2025 per la migliore attrice.
L'abbiamo incontrata in occasione della proiezione del film al London Film Festival, lo scorso ottobre, e lei ci ha parlato, fra le tante cose, di come ha scoperto il twerking, delle sue acrobazie sul set, della sua evoluzione nell'ambito della moda e di come è passata dall'equitazione agonistica alla recitazione. Quello che segue è un estratto della nostra conversazione.
Vogue: Come è arrivata a interpretare il ruolo di Anora? È vero che Sean Baker l'ha vista in Scream e ha subito chiamato il suo agente?
Mikey Madison: «Sì, Sean mi ha visto in Scream nel weekend della prima e mi ha contattato il giorno dopo, dicendomi che voleva propormi un film. Ci siamo incontrati per un caffè, mi ha raccontato un'idea di storia e di personaggio e io ho detto subito di sì. Circa un anno dopo, eravamo sul set a girare».
Com'è stato avere una parte come questa, scritta appositamente per lei?
«È stato qualcosa di davvero speciale. Non mi era mai successo che un regista volesse scrivere un film apposta per me, men che meno un regista come Sean, che ho sempre ammirato moltissimo. Credo di aver sofferto della sindrome dell'impostore, ma ho cercato di ignorarla e di concentrarmi sul personaggio».
Cosa l'ha attratta di più di un personaggio come Anora?
«Lei è molto diversa da me. Ammiro il suo spirito combattivo e la sua capacità di non arrendersi. È davvero agguerrita! Reagisce in modo piuttosto brutale, sia fisicamente sia verbalmente. Non pensa prima di parlare. Crede in tutto ciò che dice con ogni fibra del suo essere. Dal punto di vista energetico, siamo agli antipodi».
Su Pinterest, avete creato una inspiration board per il film. Cosa conteneva?
«Adoro realizzare cose di questo genere, l'ho fatto per molti dei personaggi che ho interpretato. Nel caso di Ani, c'erano unghie con smalto acrilico e ciglia finte. Sean mi ha anche segnalato alcuni riferimenti cinematografici prima dell'inizio delle riprese: il film giapponese Female Prisoner, Lulù e alcune pellicole sexploitation italiane degli anni 70».
In quale altro modo si è preparata?
«Mentre Sean scriveva la sceneggiatura, lui e io avevamo frequenti conversazioni. Ho letto memorie di lavoratrici del sesso, ho guardato documentari, ho divorato video su YouTube come A Night in My Life as a Dancer. Ho poi imparato un po' di russo, di cui non conoscevo una parola, e ho lavorato sul mio accento, che doveva essere quello autentico di una ragazza di Brooklyn e Brighton Beach. E poi, ovviamente, la danza: l'ho praticata con un allenatore eccezionale. Non ne avevo alcuna esperienza e a volte mi sentivo in imbarazzo. A un certo punto, il mio allenatore ha fatto partire la musica e ha detto: "OK, parliamo di twerking". Ero terrorizzata, e ricordo di aver pensato: “Oddio, non ci riuscirò mai”. Invece, abbiamo iniziato a piccoli passi e, alla fine, ho scoperto che mi piaceva. Devo anche dire che sono molto cocciuta: quando mi metto in testa di fare qualcosa, non demordo finché non ci riesco».
È vero che sul set ha fatto lei stessa gli stunt, senza usare una controfigura?
«Sì, questa è stata la prima volta in cui ho fatto tutto di persona. Era importante per me, per questo film, per questo personaggio. Volevo sperimentare tutto. Avevo profuso ogni mia energia per entrare nel personaggio, stavo dando tutta me stessa, quindi ho pensato: “Perché non fare anche gli stunt?”».
E ha riportato non poche ammaccature…
«Dopo il primo ciak, ero letteralmente ricoperta di lividi. Mi faccio male facilmente. La mattina, ci voleva un'ora per stendere il correttore sulle mie gambe, in modo che non si vedessero le varie ammaccature».
Anche le sue urla, nel film, sono piuttosto impressionanti…
«Sì, ho dovuto urlare parecchio. E la cosa più buffa è che, mentre strillavo come un'ossessa e tutti sul set ne erano sconvolti, Mark [Eydelshteyn], che interpreta Ivan, era di sopra a fare un pisolino».
Lei e Mark Eydelshteyn avete avuto modo di frequentarvi fuori dal set?
«È una persona molto divertente, davvero spassosa. Abbiamo avuto il tempo di conoscerci un po', prima delle riprese, quando il suo inglese non era fluente come adesso. Una delle prime cose che mi ha detto, ricordo, è stata che, mentre guardava il panorama newyorkese da una finestra, provava la sensazione di “avere il mondo sulla punta di un capezzolo”. Credo di aver riso per mezz'ora. Penso che questo aneddoto lo descriva efficacemente come persona e renda l'idea di quello che ha portato al suo personaggio. Ha saputo infondergli una sorta di seria ingenuità, che all'inizio ha avuto un effetto disarmante su di me, come attrice, oltre che su Ani, come personaggio».
Anora intreccia commedia e tragedia. È una linea sottile quella lungo la quale si muove il suo personaggio…
«Ho trascorso molto tempo a riflettere sul mio personaggio e a pormi delle domande: chi è davvero? Quali sono i suoi valori morali? Volevo arrivare a conoscere Ani come il palmo della mia mano. È estremamente sfaccettata, complessa. È una persona molto sensibile, ma nasconde questa sua natura dietro la rabbia. Nessuno, tuttavia, può essere soltanto arrabbiato, c'è sempre qualcosa sotto. Questa consapevolezza mi è stata di grande aiuto».
Il film ha vinto la Palma d'Oro a Cannes. Com'è stato quel momento?
«Piuttosto surreale. Partecipare al Festival di Cannes era il mio sogno fin da quando ho iniziato a fare l'attrice, e quella, oltretutto, era la prima volta, per me, a un festival cinematografico, in generale. Ricordo quando Sean mi ha chiamato per dirmi che avremmo partecipato al concorso principale: ero sul punto di scoppiare in lacrime».
Ora è in lizza per l'Oscar come migliore attrice. Come si sente?
«Me lo hanno già chiesto varie volte, e tutto ciò che posso dire è che sono davvero felice che il film susciti tanto interesse e che se ne parli. È emozionante».
Parliamo un po' di moda. Come affronta quella da red carpet? Ha uno stylist?
«Sì, collaboro con Jamie Mizrahi. Lui capisce davvero il mio senso dello stile, che si è evoluto parecchio negli ultimi due anni. Sono abituata a vestirmi in modo comodo, cose come jeans, T-shirt, maglioni di cashmere e stivali da cowboy. Quindi, all'inizio, mi sembrava un po' innaturale indossare un abito da sera. Avevo l'impressione di non riuscire neppure a decidere cosa mi piacesse e cosa no. Ma adesso ho decisamente affinato la mia capacità critica, anche se mi piace lasciarmi guidare un po'».
È entusiasta all'idea di vestirsi per la stagione dei premi?
«Ho sempre amato la moda e, quando ero più giovane, avevo un approccio piuttosto sperimentale all'abbigliamento. C'è stato un periodo, un paio di anni fa, in cui mi piacevano molto gli abiti vittoriani, che abbinavo ai combat boots, in modo da creare un look grunge. Quando avevo 18 o 19 anni, invece, andavo matta per l'abbigliamento in stile anni 70. Ho sempre amato il vintage e ho una collezione pazzesca di abiti molto interessanti. Ora non mi sento a mio agio a indossarli, ma non li darei via per nulla al mondo».
In effetti, è difficile separarsi dai capi che abbiamo amato…
«Esattamente. Ho un armadio pieno di folli abiti vintage e ho bisogno di più spazio, ma non ho il coraggio di liberarmene. In ogni caso, sono entusiasta alla prospettiva di sperimentare cose nuove, anche perché non mi capita spesso di indossare abiti da gran sera. Di solito, non vado a feste dove è di rigore essere così glamour».
I suoi genitori sono entrambi psicologi, e nessuno nella sua famiglia ha un passato da attore. Come ha capito di voler intraprendere questo percorso?
«Ho praticato a lungo l'equitazione a livello agonistico, poi ho cominciato a interessarmi al cinema. Mi sono sempre piaciuti i film. Da ragazzina, ho amato Stand by Me, Bella in rosa, Sixteen Candles - Un compleanno da ricordare… Adoravo Molly Ringwald! Quando ho visto Bella in rosa, ricordo di aver pensato: "Forse voglio diventare una stilista". E così mia madre mi ha iscritto a un corso di cucito. Ma non faceva per me, e allora ho capito che in realtà volevo fare l'attrice. Mi incuriosivano l'intimità e il legame che si creano attraverso la recitazione. Mi sembrava qualcosa di molto audace, profondo ed emotivo. Non saprei dire se lo provassi anche quando facevo equitazione».
Le piace lo stile equestre? Al momento è molto in voga.
«Lo adoro. Posso dire di essere letteralmente vissuta in polo per tutta la mia infanzia e adolescenza. C'è qualcosa di molto chic e raffinato nell'abbigliamento da equitazione».
Va ancora a cavallo?
«Non tanto quanto un tempo, ma continuo ad andarci. Mi piacerebbe tornare a cavalcare di più, il che potrebbe anche essere una scusa per comprare un nuovo guardaroba da equitazione. Penso che sarei più audace nella scelta dei capi rispetto a quando ero più giovane. Allora giocavo secondo le regole, volevo essere vista come un'amazzone molto seria. Quindi non ho mai indossato pantaloni colorati, con l'unica eccezione di quelli beige. Ora, probabilmente, li sceglierei bianchi».
Come si rilassa quando non lavora? So che ha un nuovo cucciolo.
«Sì, ma non mi aiuta a rilassarmi. È la cosa migliore che mi sia mai capitata, ma anche la peggiore, se proprio devo essere sincera. È l'amore della mia vita, ma è un inguaribile casinista. Adesso ha sei mesi, quindi sta cominciando a darsi una calmata, ma pesa quasi tre chili e ha l'ego più grande del mondo. È molto carino, è un piccolo cane da soccorso. Per rilassarmi, guardo film, esco con i miei amici, cucino, sì cucino molto. Adoro, in particolare, preparare dolci per gli altri: ha un effetto calmante, è la mia isola felice».
Qual è la sua specialità?
«Il mio piatto forte sono i biscotti con gocce di cioccolato, che, devo dire, mi riescono davvero bene. Ho perfezionato la ricetta nel corso di ben dieci anni. So preparare anche un buon lemon cake».
A parte cucinare, cosa ha in programma per il futuro?
«In questo momento, mi sento come se stessi ancora aspettando che mi vengano proposti un personaggio o una storia davvero speciali, qualcosa a cui non si può dire di no. Mi sono resa conto di quanto il mio lavoro sia emotivo e del fatto che devo avere un legame profondo con il personaggio che interpreto, affinché sia significativo, per me e per il pubblico».
Anora è nelle sale italiane dal 7 novembre.
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Questo articolo è stato pubblicato originariamente su British Vogue.
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