"Io da eroe a mostro, così mi hanno mollato": Leonardo Caffo, bordate contro sinistra (e Chiara Valerio)
Chissà cosa penserebbe il filosofo Michel de Montaigne degli amici di sinistra di Leonardo Caffo. Di quelli che, prima della sentenza di primo grado, si professavano liberi pensatori garantisti. Dopo la condanna a 4 anni per lesioni e maltrattamenti all'ex compagna, Caffo sembra essere rimasto solo. Ora sembra che non ci sia più spazio sulle pagine dei giornali perle sue opinioni, così come sembrano non esserci più sedie libere nei salotti progressisti della Tv e dell'editoria italiana. Ma per Caffo, «la filosofia e la cultura la fanno persone con contraddizioni, perché se uno si leggesse le biografie dei pensatori, non troverebbe di certo persone come Carlotta Vagnoli», spiega a Libero. Si è sentito abbandonato da chi prima la sosteneva? «Non considero così strano che, alla luce di una condanna, si possa dubitare della mia buona fede. Nessuno vuole avere a che fare con presunti mostri. Io però non ho picchiato nessuno». Perché? «Forse pensano che la mostruosità si erediti, ed è prob
Chissà cosa penserebbe il filosofo Michel de Montaigne degli amici di sinistra di Leonardo Caffo. Di quelli che, prima della sentenza di primo grado, si professavano liberi pensatori garantisti. Dopo la condanna a 4 anni per lesioni e maltrattamenti all'ex compagna, Caffo sembra essere rimasto solo. Ora sembra che non ci sia più spazio sulle pagine dei giornali perle sue opinioni, così come sembrano non esserci più sedie libere nei salotti progressisti della Tv e dell'editoria italiana. Ma per Caffo, «la filosofia e la cultura la fanno persone con contraddizioni, perché se uno si leggesse le biografie dei pensatori, non troverebbe di certo persone come Carlotta Vagnoli», spiega a Libero.
Si è sentito abbandonato da chi prima la sosteneva?
«Non considero così strano che, alla luce di una condanna, si possa dubitare della mia buona fede. Nessuno vuole avere a che fare con presunti mostri. Io però non ho picchiato nessuno».
Perché?
«Forse pensano che la mostruosità si erediti, ed è probabile che scompaiano per quello».
Viviamo in un periodo storico in cui c'è molto dibattito sul tema della violenza di genere. Pensa che sia anche per questo motivo che in tanti a sinistra l'hanno abbandonata?
«Il 90% degli attacchi li ho ricevuti sui social network, dove purtroppo tutti ormai hanno il diritto di offendere e scrivere assurdità. E poi vorrei ricordare che oggi vale uno strano mito della purezza, che tra l'altro è in totale contraddizione con la storia dell'umanità».
Ha avuto modo di sentire Chiara Valerio?
«No, non l'ho sentita. Io penso che si sia comportata da vera intellettuale nell'invitarmi alla fiera Più Libri Più Liberi. L'errore è stato dedicare una fiera del libro a Giulia Cecchettin».
Per quale motivo?
«Perché sembra una strumentalizzazione di un omicidio terribile. Le fiere dei libri si dedicano agli scrittori e alle scrittrici e agli intellettuali. Questo è un segno del degrado del nostro tempo. È un appiattimento mostruoso».
Su di lei si sono dette molte cose. Qual è quella che l'ha infastidita di più?
«Io sono contrario a ogni forma di violenza di genere e non di genere. Mi ha molto avvilito vedere il mio nome accostato a quello di persone violente».
Lei fino a poco tempo fa è stato un idolo indiscusso della sinistra. Che effetto le fa questo silenzio?
«Io non sono un filosofo di sinistra, sennò non avrei scritto un libro sull'anarchia non violenta. Ho alcune idee che sono di sinistra e altre che sono di destra. Sono tantissime le proposte che ho rifiutato nel corso degli anni dalla sinistra, e l'ho fatto perché non è la mia parte politica».
Pensa che nel suo caso ci sia stata una strumentalizzazione?
«Io sono arrivato sotto la tempesta perfetta. Mandarmi a processo è stato un abominio, soprattutto in un periodo storico allucinante, dove è evidente che si paga lo scotto del clima, e questo nonostante l'indipendenza della magistratura».
Le femministe con gli striscioni che si sono presentate davanti al tribunale sono le stesse che tempo fa l'appoggiavano. Si sente ferito?
«A me fa male solamente l'aver lottato per una battaglia di cui non parla nessuno: la violenza che ho subito io per mesi nel non vedere mia figlia non la racconta nessuno. Se ero l'idolo delle femministe, cavoli loro. La ragione per cui ho fatto un dibattimento pubblico era perché nessuno in questo Paese ha il coraggio di raccontare quanto sia difficile per un papà avere l'affido della propria bambina, perché con un'accusa del genere lo perdi. Ho dovuto perfino fare i test per vedere se fossi in grado di intendere e volere...».
Cosa ne pensa del femminismo di oggi?
«Il vero femminismo, quello dei classici che io ho letto, studiato e spiegato nelle università, è stato purtroppo inglobato dal sistema capitalistico, perché funziona come oppio dei popoli, in quanto mette le persone una contro un'altra senza andare al cuore del problema. Semi avesse chiamato un giornale di sinistra, ad esempio, le avrei messo giù il telefono, cosa che ho già fatto, tra l'altro».
Perché?
«Perché in questo momento mi fido di più dei giornali di destra, perché sono l'ultima architrave del libero pensiero. Perché c'è una vera ragione per cui si attacca un filosofo: non per le sue idee, ma per i suoi affari personali».
Qual è?
«La cancel culture dilagante».
Perché secondo lei la sua amica Chiara Valerio non ha voluto ancora commentare la sua sentenza?
«Chiara è un'amica, così come lo è stata Michela Murgia, ed è per questo che ci conosciamo così bene. Chiara probabilmente ha ceduto sotto il peso dei social network, e il fatto che il rumore dei social network possa modificare l'opinione di un intellettuale come lei è la cosa più grave che esista».
Ci spieghi.
«Se oggi uno si posiziona dicendo che sono tutti buoni, tutti belli, si prenderà consensi da una parte all'altra. Io ho ricevuto nell'ultimo mese solo minacce di morte di ogni tipo, ed è paradossale che chi professa l'antiviolenza voglia risolvere i problemi cercando di uccidere una persona. Ne è un esempio il feroce attacco al legale di Turetta. Io ora ho bisogno di qualcuno che mi faccia parlare. Devono ricordarsi che siamo un Paese cristiano, dove esiste il perdono».
Lei ha detto di essere stato grande amico di Michela Murgia. Che cosa le avrebbe detto alla luce di tutto ciò?
«Michela l'ho sentita il giorno prima che morisse, sapeva tutto di me. Mi avrebbe invitato alla fiera, se ne sarebbe sbattuta delle critiche e li avrebbe asfaltati tutti. E penso che la fiera l'avrebbe dedicata a me».
Qual è la vostra reazione?