La Cassazione: esenzione Irpef per i dipendenti di ambasciate e consolati

Aprile 8, 2025 - 15:30
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La Cassazione: esenzione Irpef per i dipendenti di ambasciate e consolati

di Giuseppe Marino * –

Con le due ordinanze gemelle n. 9009/2025 n. 9011/2025, emesse in due giudizi patrocinati dall’avvocato tributarista di Roma, Giuseppe Marino, la Corte di Cassazione ha finalmente sancito la spettanza dell’esenzione IRPEF prevista dall’art. 49 della Convenzione di Vienna sulle Relazioni Consolari del 24.4.1963 (qui scaricabile), il quale prevale non solo sulla normativa interna (art. 2 del TUIR), ma anche sulla normativa pattizia prevista dalle Convenzioni contro le doppie imposizioni (e, in particolare, sull’art. 19 del modello OCSE).
Si tratta di un principio di estrema rilevanza, data l’elevata mole di contenzioso tributaria ad oggi pendente sulla questione.
Ed invero, le Convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni, basate sul modello OCSE, hanno carattere generale, e non possono essere prevalenti rispetto alla normativa internazionale, di carattere speciale, di cui all’art. 49 della Convezione di Vienna sulle Relazioni Consolari del 24.4.1963, il quale, rubricato “Esenzione fiscale”, dispone quanto segue: “1. I funzionari consolari, gli impiegati consolari e i membri della loro famiglia viventi nella loro comunione domestica sono esenti da ogni imposta e tassa, personali o reali, nazionali regionali e comunali, eccettuati:
le imposte indirette di natura tale che sono ordinariamente incorporate nei prezzi delle merci o dei servizi;
le imposte e le tasse sui beni immobili privati situati nel territorio dello Stato di residenza, …;
i diritti di successione e di mutazione riscossi dallo Stato di residenza, riservate le disposizioni del paragrafo b dell’articolo 51;
le imposte e le tasse sui redditi privati, compresi i guadagni in capitale, che abbiano la fonte nello Stato di residenza, …;
le imposte e le tasse riscosse a rimunerazione di servizi particolari resi;
i diritti di registro, di cancelleria, d’ipoteca e di bollo, riservate le disposizioni dell’articolo 32.
I membri del personale di servizio sono esenti dalle imposte e dalle tasse sulle mercedi che ricevono per i loro servizi”.
Ciò che preme evidenziare è che mentre l’art. 19 del modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni disciplina in via GENERALE ed ASTRATTA TUTTI i RAPPORTI di coloro che svolgono “Funzioni pubbliche” (così è infatti rubricata la norma), l’art. 49 della Convenzione di Vienna, rubricato “Esenzione fiscale”, disciplina in modo SPECIALE i SOLI RAPPORTI tributari di chi lavora come funzionario dipendente di Ambasciate e Consolati.
Il rapporto di specialità – e, quindi, di prevalenza – della seconda norma rispetto alla prima è quindi più che evidente.
Le norme in esame sono, inoltre, pienamente compatibili tra loro, in quanto l’art. 19 del modello OCSE delle Convenzioni contro le doppie imposizioni disciplina la tassazione della generalità dei soggetti che svolgono “Pubbliche funzioni”, mentre l’art. 49 della Convenzione di Vienna sulle Relazioni Consolari del 24.4.1963 disciplina i SOLI casi di soggetti che svolgono sì pubbliche funzioni, ma nel RISTRETTO AMBITO delle Missioni diplomatiche.
Sul punto, la Cassazione ha respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, convalidando le difese esposte dal nostro Studio legale e affermando quanto segue: “Orbene, nella specie, la Signora XY, cittadina cecoslovacca, priva di cittadinanza italiana e in servizio in qualità di impiegata presso l’Ambasciata ceca, rientra a pieno titolo nell’ambito applicativo dell’art. 49 della Convenzione di Vienna del 1963, dovendosi in quanto tale considerare esente dal versamento delI’Irpef e relative addizionali, così come correttamente rilevato dai giudici del gravame. Contrariamente a quanto sostenuto dall’Amministrazione finanziaria, difatti, non può nel caso di specie trovare applicazione l’art. 19 della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Repubblica Ceca, arrestandosi la sua applicazione in virtù della prevalenza della normativa speciale di cui all’art. 49 cit. Ed invero, l’art. 19 della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Repubblica Ceca, disciplina in via generale tutti i rapporti dei soggetti che esercitano “Funzioni pubbliche”, mentre l’art. 49 della Convenzione di Vienna del 1963 si occupa in via precipua e specificamente dei rapporti tributari in capo ai soggetti che prestano la propria attività professionale, in qualità di funzionari dipendenti, presso ambasciate e consolati. In forza del principio lex speciali derogat generali, allora, alla fattispecie in esame deve essere data applicazione alla norma che, considerata la cittadinanza estera di XY e il suo servizio come impiegata presso l’Ambasciata ceca, la esenta dal versamento delle imposte sul reddito corrisposto dalla Rappresentanza diplomatica presso cui è impiegata per il periodo di riferimento, in deroga a quanto stabilito dall’art. 19 cit. La predicata incompatibilità tra l’art. 19 cit. e l’art. 49 cit., da cui discenderebbe, nella prospettazione del Patrono erariale, l’applicazione al caso di specie della Convenzione contro le doppie imposizioni, sottoscritta in epoca posteriore. Del resto, anche alla normativa interna di cui all’art. 4 d.P.R. n. 601/1973 deve essere riconosciuto carattere prevalente, in quanto la disposizione in parola disciplina una fattispecie specifica – i redditi degli ambasciatori, degli agenti diplomatici, dei consoli e degli impiegati nelle missioni diplomatiche-, laddove l’art. 19 della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Repubblica Ceca disciplina, in via generale, i rapporti tributari di coloro che svolgono “Pubbliche funzioni”. (Cfr. Cass. T., n. 1663/2023)”.

* Sito avvocato Giuseppe Marino.

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