L’AI è sempre più al centro delle strategie aziendali: aumentano gli investimenti, ma si fatica a trasformarli in valore
Lo studio di BCG "From Potential to Profit: Closing the AI Impact Gap" rileva che il 75% delle aziende globali e il 69% di quelle italiane considerano l'intelligenza artificiale una delle tre principali priorità strategiche entro il 2025, ma solo il 25% riesce a trarne un valore significativo. I dirigenti riconoscono i rischi legati alla privacy, al controllo delle decisioni dell'AI e alle sfide normative, mentre non prevedono di ridurre l'organico in conseguenza all'aumento dell'automazione in azienda. L'articolo L’AI è sempre più al centro delle strategie aziendali: aumentano gli investimenti, ma si fatica a trasformarli in valore proviene da Innovation Post.
L’intelligenza artificiale sta ridefinendo le strategie aziendali a livello globale: il 75% delle imprese nel mondo indica questa tecnologia tra le tre principali priorità strategiche entro il 2025, percentuale che scende al 69% per quanto riguarda le aziende italiane.
A evidenziarlo è il nuovo studio di BCG “From Potential to Profit: Closing the AI Impact Gap”, basato su un sondaggio condotto su oltre 1800 dirigenti e C-level operanti in 19 mercati e 12 settori.
Crescono gli investimenti in AI, ma le aziende faticano a ricavarne valore
Dallo studio emerge che un’azienda su tre a livello globale prevede di stanziare oltre 25 milioni di dollari per l’AI nel 2025. Del resto, gli investimenti sono in crescita e si prevede che globalmente aumenteranno del 60% dal 2024 al 2027.
In Italia, nello specifico, l’83% delle aziende prevede di spendere fino a 25 milioni di dollari in AI, il 12% tra 26 e 50 milioni, il 3% tra 51 e 100 milioni e il 2% oltre 100 milioni.
“Dal confronto con i leader a livello globale emerge chiaramente come l’AI sia al centro delle priorità per migliorare la produttività,” spiega Christoph Schweizer, CEO di BCG.
L’analisi del BCG mette in luce anche una sfida fondamentale: sebbene il 75% dei dirigenti consideri l’AI tra le tre principali priorità strategiche, solo il 25% riesce a generare un valore significativo dalle proprie iniziative in questo ambito.
“I leader nell’adozione dell’AI hanno trovato la chiave del successo concentrandosi su un numero selezionato di progetti strategici, scalando rapidamente le soluzioni, trasformando i processi chiave, formando le proprie squadre e monitorando rigorosamente i risultati operativi e finanziari”, aggiunge Schweizer.
Anche in Italia, ad esempio, per la maggior parte dei dirigenti intervistati (59%), l’AI è promettente ma non ha ancora generato valore. Un problema cruciale è il monitoraggio dei risultati: nonostante l’implementazione, il 60% delle aziende a livello globale non monitora i KPI finanziari delle proprie iniziative di AI, mentre il 32% non tiene traccia di alcun KPI (in Italia il 37% delle aziende).
Come si diventa leader con l’AI
La ricerca evidenzia che le aziende leader hanno introdotto tre strategie per massimizzare il potenziale dell’AI:
- l’hanno implementata nelle attività quotidiane per realizzare un potenziale di produttività dal 10% al 20%
- hanno ristrutturato le funzioni critiche per un miglioramento dal 30% al 50% in efficienza ed efficacia
- hanno inventato nuovi prodotti e servizi per costruire un vantaggio competitivo a lungo termine.
Le aziende leader (soprattutto negli Emirati Arabi Uniti, India e Giappone) vanno ben oltre l’implementazione, concentrando oltre l’80% dei loro investimenti nella riorganizzazione delle funzioni chiave e nell’invenzione di nuove offerte, mentre la maggior parte delle aziende punta ancora troppo in basso, dando priorità a iniziative su piccola scala.
In Italia il 44% delle aziende ha allocato gli investimenti in AI nell’implementazione, il 29% nella ristrutturazione e il 27% nell’invenzione.
BCG evidenzia che le aziende stanno diluendo i propri sforzi su più progetti pilota, ottenendo un ritorno sugli investimenti (ROI) inferiore.
Le aziende leader, invece, si concentrano sulla profondità piuttosto che sull’ampiezza: danno priorità a una media di 3,5 casi d’uso rispetto ai 6,1 di altre aziende, prevedendo di generare un ROI 2,1 volte maggiore sulle loro iniziative di AI, rispetto ai loro pari.
L’impatto dell’intelligenza artificiale sul lavoro e sui talenti
Il 64% dei dirigenti a livello globale e il 62% di quelli italiani intervistati si aspetta di mantenere le dimensioni della propria forza lavoro, in un contesto in cui intelligenza artificiale ed esseri umani lavorano fianco a fianco, mentre solo il 7% (3% in Italia) si aspetta una riduzione dell’organico a causa dell’automazione.
Attualmente Singapore e il Giappone sono leader nel potenziamento delle competenze relative all’AI, mentre in Italia solo il 20% delle aziende ha più del 25% della forza lavoro formata su questi strumenti.
Non è un caso che le organizzazioni più performanti seguano il principio 10-20-70: dedicano il 10% dei loro sforzi agli algoritmi, il 20% ai dati e alla tecnologia e il 70% alle persone, ai processi e alla trasformazione culturale.
Questo principio si applica anche quando le aziende introducono gli AI agent: due terzi delle aziende stanno esplorando il potenziale di questi sistemi di intelligenza artificiale che possono percepire, pianificare e agire autonomamente utilizzando strumenti, analizzando dati e lavorando su più sistemi con un input umano minimo.
Le aziende sono chiamate a incorporare questi agenti nei flussi di lavoro in modo che completino e migliorino il lavoro degli esseri umani, che dal canto loro hanno capacità di resistenza: l’ottimismo riguardo gli agenti di AI è infatti coerente in tutte le aree geografiche.
Ad esempio il 38% delle aziende italiane (vs 32% globale) prevede di esplorarne il ruolo nel 2025, mentre il 18% (vs 35% globale) prevede avranno un ruolo centrale o complementare.
Intelligenza artificiale, i rischi da affrontare e la strada per il futuro
I leader di tutti i mercati sono concordi sui tre principali rischi legati all’AI:
- privacy e sicurezza dei dati, citato dal 62% degli intervistati in Italia e 66% livello globale
- mancanza di controllo o di comprensione delle decisioni dell’AI (49% in Italia e 48% globale)
- sfide normative e di conformità (41% in Italia e 44% globale)
La cybersicurezza resta critica, con significativi miglioramenti necessari in tutti i mercati: il 76% delle aziende sia a livello globale che in Italia riconosce che le proprie misure di cybersecurity per l’AI hanno bisogno di essere potenziate.
Per sbloccare il potenziale dell’AI, suggerisce lo studio di BCG, i CEO devono adottare un approccio pratico e mirato, ripensando sia i modi di lavorare che i modelli organizzativi e operativi.
Bisogna definire delle priorità, concentrandosi su alcune opportunità strategiche e incoraggiando, al contempo, sforzi esplorativi che partano dal basso.
L’AI deve essere messa al servizio dell’ambizione aziendale e va gestita come una trasformazione, con risultati chiari e un rigoroso monitoraggio del valore.
I leader, inoltre, sono chiamati a guidare il cambiamento culturale e organizzativo reinventando i flussi di lavoro, potenziando le competenze dei team e promuovendo una cultura di innovazione dell’AI. Infine, è necessario prepararsi al futuro anticipando il valore che avrà l’AI e i rischi associati.
Questa tecnologia rappresenta una leva strategica cruciale per il futuro, ma le aziende devono essere consapevoli di quanta strada c’è ancora da fare per sfruttarne appieno il potenziale: il focus sul valore e una forza lavoro pronta ad adattarsi rappresentano i primi passi verso la giusta direzione da percorrere.
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