L'America di Trump vince la prima guerra dei dazi: la Colombia si arrende

I due cavalli di battaglia di Donald Trump, espulsione dei clandestini e tariffe doganali, hanno incrociato le loro strade tra domenica e sabato, rimarcando una volta di più le intenzioni della nuova amministrazione repubblicana. Si è trattato di un evolversi rapido dei fatti, scatenato dal rifiuto del presidente colombiano Gustavo Petro di accogliere due voli di rimpatrio di fronte alle voci di maltrattamento dei migranti a bordo e concluso dalla risposta della Casa Bianca che minacciava dazi e sanzioni economiche a Bogotà. Nell'ordine dei fatti, Petro (in carica dal 2022, esponente della sinistra nazionale ed ex membro del gruppo guerrigliero M-19) domenica mattina ha accusato gli Stati Uniti di «trattare i migranti colombiani come dei criminali» e di non aver concesso alle persone a bordo degli aerei diretti verso l'America latina di recarsi in bagno e ricevere dell'acqua. Da qui la scelta di negare l'autorizzazione all'atterraggio per i voli che avevano come destinazione la Colombi

L'America di Trump vince la prima guerra dei dazi: la Colombia si arrende

I due cavalli di battaglia di Donald Trump, espulsione dei clandestini e tariffe doganali, hanno incrociato le loro strade tra domenica e sabato, rimarcando una volta di più le intenzioni della nuova amministrazione repubblicana. Si è trattato di un evolversi rapido dei fatti, scatenato dal rifiuto del presidente colombiano Gustavo Petro di accogliere due voli di rimpatrio di fronte alle voci di maltrattamento dei migranti a bordo e concluso dalla risposta della Casa Bianca che minacciava dazi e sanzioni economiche a Bogotà. Nell'ordine dei fatti, Petro (in carica dal 2022, esponente della sinistra nazionale ed ex membro del gruppo guerrigliero M-19) domenica mattina ha accusato gli Stati Uniti di «trattare i migranti colombiani come dei criminali» e di non aver concesso alle persone a bordo degli aerei diretti verso l'America latina di recarsi in bagno e ricevere dell'acqua. Da qui la scelta di negare l'autorizzazione all'atterraggio per i voli che avevano come destinazione la Colombia. Di fronte allo stop presidenziale, due C-17 partiti da San Diego con circa 80 clandestini ciascuno hanno dovuto fare inversione di marcia e rientrare. «Un migrante – ha commentato Petro sui profili social – non è un criminale e deve essere trattato con la dignità che merita un essere umano. Accoglieremo i nostri connazionali quando viaggeranno su aerei civili».

Una presa di posizione che si allinea al malcontento di altre nazioni sudamericane come il Brasile che ha richiesto spiegazioni ufficiali agli Stati Uniti in merito al presunto «trattamento degradante» a cui sarebbero stati sottoposti i suoi cittadini rimpatriati. La risposta di Washington non ha tardato ad arrivare e Trump non ha fatto sconti. Al post su X di Petro ha ribattuto con un messaggio chiaro sulla piattaforma Truth annunciando all'inizio l'imposizione di tariffe doganali del 25% sui prodotti provenienti dalla Colombia per poi aggiungere un secondo rincaro nella seconda parte della settimana, arrivando al 50%. Da parte sua, Petro ha tentato un fiacco contrattacco, nuovamente attraverso il social: «Vengo informato che hai imposto tariffe del 50% sui frutti del nostro lavoro e diretti verso gli Stati Uniti: farò la stessa cosa». Affermazioni che non hanno avuto seguito. Ai dazi si aggiungono i divieti di viaggio e la revoca dei visti per i funzionari governativi, nonché nei confronti degli alleati dell'esecutivo colombiano, e le sanzioni bancarie e finanziarie. Minacce che hanno trovato applicazione ieri, quando due dipendenti della Banca mondiale di nazionalità colombiana sono stati informati una volta giunti negli Stati Uniti che i loro visti erano stati effettivamente revocati, mentre ad un terzo dipendente non è stato nemmeno permesso di partire per Washington, dove ha sede l'organizzazione. È la conferma che la linea dura trumpiana non accenna a indietreggiare, nonostante l'accordo raggiunto con la Colombia quando in Italia era la notte tra domenica e lunedì: la Casa Bianca aveva comunicato l'accantonamento del piano di dazi, ma di aver lasciato in vigore le altre misure.

Nel comunicato veniva sottolineato come le autorità colombiane avessero accettato di «accogliere senza restrizioni tutti gli immigrati illegali», inclusi quelli sui voli militari, «senza limitazioni o ritardi. Gli eventi di oggi dimostrano chiaramente al mondo che l'America è di nuovo rispettata». Bogotà si era limitata ad un commento più diplomatico: «Il governo informa che è stato superato l'impasse con il governo degli Stati Uniti» e che seguiranno «riunioni di alto livello» nella capitale statunitense per dare seguito agli accordi raggiunti. Primo fra tutti, evidentemente, l'impegno a non ostacolare le operazioni di espulsioni e rimpatri per non veder compromesse le relazioni politiche ed economiche con gli Stati Uniti. Secondo i dati del Census Bureau, gli Stati Uniti nel 2023 hanno importato beni dalla Colombia per un valore complessivo di 16 miliardi dollari (un terzo del quale rappresentato dal petrolio greggio, seguito da oro, caffè e frutta), mentre proprio gli Stati Uniti hanno costituto il 28% del valore delle esportazioni colombiane. «Il presidente Trump continuerà a proteggere con determinazione la sovranità della nostra nazione e si aspetta che tutti gli altri stati del mondo cooperino pienamente nell'accettare l'espulsione dei loro cittadini presenti illegalmente negli Stati Uniti», sono state le parole della portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, che chiariscono una volta di più le intenzioni della presidenza. Nel frattempo proseguono le operazioni di rimpatrio. Domenica Tim Homan, “lo zar del confine” incaricato di coordinare l'azione governativa, è stato a Chicago. Tra i fermati, ha fatto sapere il dipartimento di Giustizia, «un immigrato illegale che è rimasto nel paese nonostante avesse ucciso una ragazza di 19 anni guidando in stato di ebbrezza».

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