Lavoro e competenze: 5 suggerimenti per affrontare la rivoluzione dell’AI in modo inclusivo e sostenibile

Secondo un rapporto di The European House – Ambrosetti entro il 2030 circa 729 milioni di persone utilizzeranno strumenti di intelligenza artificiale. Il significativo gap di competenze e lo skill mismatch rappresentano un ostacolo rilevante. Il report suggerisce cinque azioni chiave per affrontare la questione. L'articolo Lavoro e competenze: 5 suggerimenti per affrontare la rivoluzione dell’AI in modo inclusivo e sostenibile proviene da Innovation Post.

Lavoro e competenze: 5 suggerimenti per affrontare la rivoluzione dell’AI in modo inclusivo e sostenibile

L’espansione dell’AI avrà effetti significativi non solo sull’economia, ma, cosa ancor più importante, su tutta la società. Si stima infatti che entro il 2030 circa 729 milioni di persone in tutto il mondo utilizzeranno strumenti di intelligenza artificiale, una cifra che è circa 2,3 volte superiore agli attuali 314 milioni di utenti. Tuttavia, l’adozione dell’AI è ostacolata da un significativo divario di competenze, fattore questo che un terzo (33%) delle aziende a livello globale identifica come il principale ostacolo all’adozione dell’AI.

Sono alcune delle evidenze che emergono dal nuovo studio “Percorsi formativi per la transizione verso l’AI nelle competenze e nel lavoro” realizzato da TEHA Group (The European House – Ambrosetti) e commissionato da IBM, che fornisce degli insight sull’importanza della formazione e dell’apprendimento nella preparazione dei lavoratori nella transizione verso l’AI.

Condotto da un comitato consultivo di alto profilo composto da leader mondiali nel campo della formazione e dello sviluppo dei lavoratori, il report si concentra su sei paesi, Francia, Germania, Italia, Giappone, Stati Uniti e Regno Unito, e sulle sfide legate ai cambiamenti demografici e del mercato della manodopera.

Dall’analisi emerge che, nonostante il crescente utilizzo di soluzioni di intelligenza artificiale, una significativa carenza di competenze resta un ostacolo importante per un’adozione efficace.

Per colmare questo divario, lo studio fornisce cinque suggerimenti e sottolinea l’urgente necessità di percorsi formativi per preparare i lavoratori a un futuro guidato dall’intelligenza artificiale, costruendo le competenze necessarie.

L’adozione dell’IA può aumentare la produttività, ma occorre affrontare lo skill mismatch

I cambiamenti demografici che si stanno verificando nei paesi europei e in Giappone, con significative diminuzioni delle popolazioni in età lavorativa entro il 2030, e negli Stati Uniti e nel Regno Unito con modesti aumenti della forza lavoro, rappresentano sfide da affrontare con urgenza per sostenere la crescita economica.

Per quanto riguarda l’Italia, le stime delle Nazioni Unite parlano di una diminuzione della forza lavoro del 9,1% entro il 2030 rispetto al 2023.

In un tale scenario l’intelligenza artificiale emerge come potenziale fattore di stabilità per le economie prese in esame. A livello mondiale, lo studio stima infatti che l’AI possa migliorare la produttività fino a 1,5 punti percentuali all’anno.

Tuttavia, considerando l’andamento demografico, l’Italia dovrà aumentare la produttività per mantenere gli attuali livelli di PIL, richiedendo una crescita annua della produttività del +0,7% (+0,5 punti percentuali rispetto alla crescita media 2013-2023) per tenere il passo con le esigenze economiche attuali.

L’integrazione di successo dell’AI richiede inoltre un focus strategico sulla riduzione del crescente disallineamento delle competenze (skill mismatch), che attualmente colpisce circa il 50% dei lavoratori nelle sei economie considerate. Nel nostro Paese, nello specifico, il disallineamento delle competenze ha colpito circa il 43% dei lavoratori nel 2022, molti dei quali non hanno le competenze tecniche necessarie per adattarsi ai nuovi ruoli guidati dall’intelligenza artificiale.

Lo skill mismatch è inoltre destinato ad aumentare anche in virtù del prolungamento dell’età lavorativa che, secondo le previsioni, aumenterà di 3,3 anni in Italia rendendo necessari percorsi di formazione e miglioramento delle competenze su misura per i lavoratori più anziani.

L’impatto dell’intelligenza artificiale sui ruoli professionali traina il bisogno di formazione e competenze

Secondo il rapporto, l’AI influenzerà in media l’83% delle funzioni nei sei principali gruppi professionali identificati (Manager, Professionisti, Tecnici, Lavoratori di supporto amministrativo, Addetti ai servizi e alle vendite, Operatori di impianti e macchinari e Assemblatori).

Man mano che i lavori integrano sempre più compiti tradizionali e potenziati dall’AI, i ruoli professionali in tutti i settori evolveranno, e molti di essi diventeranno ibridi.

Sebbene nei sei gruppi professionali una media del 21% delle attività di routine sia soggetta ad automazione, la maggior parte di esse sarà potenziata (79%), consentendo ai lavoratori di spostarsi verso responsabilità più complesse e creative.

Questa transizione richiede investimenti, soprattutto nello sviluppo di competenze intellettuali, tecniche e sociali, con particolare attenzione alla padronanza digitale e alle considerazioni etiche. Sviluppare queste competenze è essenziale per sfruttare appieno il potenziale dell’AI, garantendo al contempo che la crescita economica rimanga inclusiva e resiliente di fronte alle sfide demografiche.

Per quanto riguarda l’Italia si stima che oltre 35 milioni di lavoratori nel Paese avranno bisogno di un qualche tipo di formazione entro il 2030, tra questi 15 milioni di persone si affideranno a percorsi educativi non tradizionali, come corsi online e credenziali digitali.

A livello mondiale le previsioni parlano di oltre 450 milioni di lavoratori che avranno bisogno di riqualificazione entro il 2030. Più del 30% di questi (136 milioni) si affiderà a percorsi formativi non tradizionali, come corsi online e credenziali digitali.

Il bisogno di formazione e riqualificazione professionale dovrà inoltre tener conto degli effettivi bisogni del mercato e delle aziende. Sebbene, infatti, i corsi accademici in AI siano aumentati rispetto al passato, si è trascurato le esigenze più ampie dell’industria.

L’80% di essi rimane infatti fortemente orientato alle discipline STEM, dove meno del 5% delle persone con istruzione terziaria sono laureati. Esistono anche disparità significative nell’accesso alla formazione, specialmente tra grandi imprese e PMI, principalmente a causa dei costi elevati e delle limitazioni delle risorse.

Infine i percorsi non tradizionali, comprese le piattaforme online, si stanno espandendo rapidamente, raggiungendo un numero crescente di persone con background e obiettivi diversi, svolgendo così un ruolo fondamentale nel colmare questi divari.

“L’intelligenza artificiale ha il potenziale per ridefinire il futuro del lavoro. Tuttavia, per realizzare questi benefici è necessario un approccio globale alla formazione e allo sviluppo delle competenze, assicurando che nessun segmento della società venga lasciato indietro”, commenta Lorenzo Tavazzi, Senior Partner e Head of Scenarios and Intelligence di TEHA Group.

Le 5 proposte per affrontare il gap di competenze sull’intelligenza artificiale

Le prospettive descritte dal rapporto, così come le evidenze delle disuguaglianze nell’accesso alla formazione, portano alla luce il bisogno di un approccio globale in grado di permettere di cogliere le opportunità dell’intelligenza artificiale, essere pronti ai cambiamenti che questa tecnologia ha messo in atto e promuovere una crescita sostenibile e inclusiva.

Il rapporto suggerisce 5 policy da attuare per raggiungere questi obiettivi.

1.Promuovere la formazione sull’AI a tutti i livelli

La prima proposta riguarda la promozione della formazione dell’AI a tutti i livelli. In questo senso, suggerisce il rapporto, occorre introdurre i concetti di AI nei programmi formativi, concentrandosi sul pensiero critico, sull’etica e sulle capacità di risoluzione dei problemi che sono rilevanti in vari settori.

È fondamentale che l’infusione dell’AI nella formazione avvenga in collaborazione con insegnanti ed educatori. Saranno necessarie strategie, finanziamenti e indicazioni chiare per includere l’intelligenza artificiale a tutti i livelli del sistema formativo.

Per essere resilienti e trarre vantaggio dagli sviluppi dell’AI, gli individui devono possedere una combinazione di competenze tecniche ma anche umane, come il pensiero critico, la creatività, la capacità di risolvere problemi e l’etica.

2.Avanzare nell’istruzione e formazione professionale e costruire percorsi di carriera multipli

La seconda proposta si concentra maggiormente sulla formazione professionale, specificando anche la necessità di costruire percorsi di carriera multipli, fondamentale per promuovere un’economia basata sulle competenze e garantire che i lavoratori siano attrezzati per utilizzare efficacemente gli strumenti di intelligenza artificiale.

“I datori di lavoro, governi e fornitori di istruzione devono collettivamente sfidare l’assunto che l’inizio di una carriera avvenga sempre in un college o in un campus universitario. I titoli universitari sono uno dei tanti percorsi verso una carriera gratificante. I datori di lavoro dovrebbero garantire che più percorsi conducano a carriere di alto valore e non solo a lavori di livello base. Possono farlo concentrandosi sui possibili percorsi di carriera dei propri dipendenti, non solo sul lavoro immediato in questione”, si legge nel rapporto.

Per quanto riguarda i policymaker, invece, il rapporto suggerisce di: aumentare il supporto per lo sviluppo delle competenze, percorsi di carriera multipli e assunzioni basate sulle competenze; concentrarsi sull’aggiornamento e la riqualificazione dei lavoratori; e ampliare il finanziamento governativo per programmi di formazione a breve termine.

Inoltre campagne di comunicazione mirate e di sensibilizzazione, nonché la collaborazione con agenzie governative specifiche, sono necessarie per aumentare la visibilità dell’istruzione e formazione professionale e dei percorsi di carriera diversificati nel contesto dell’AI.

3.Dare potere alle piccole e medie imprese e alle comunità con scarse risorse

La terza proposta si concentra sull’inclusività e la sostenibilità di queste policy. Per assicurarsi che nessuno sia lasciato indietro, suggerisce il rapporto, occorre offrire risorse e orientamento per la formazione sull’AI promuovendo standard di alta qualità, valutando le competenze digitali e di AI, incoraggiando l’innovazione attraverso il networking e aiutando i leader aziendali a sviluppare le loro conoscenze sull’AI.

Per massimizzare i benefici dell’AI nel lavoro è essenziale fornire indicazioni chiare sull’evoluzione e sulle opportunità che l’AI comporta, garantendo al contempo opportunità di finanziamento per le attività di formazione legate all’AI.

4.Incoraggiare l’apprendimento permanente dell’AI

La quarta proposta riguarda l’apprendimento permanente, necessario in un’era sempre più digitale. A questo scopo, è necessario creare percorsi di apprendimento accessibile per gli individui in tutte le fasi della loro carriera, in particolare per i lavoratori poco qualificati e gli anziani, con iniziative di sensibilizzazione sulla rilevanza e sull’impatto dell’AI in diversi settori.

Ciò potrebbe essere realizzato attraverso partnership che promuovano l’accesso a corsi di base sull’AI gratuiti o a basso costo. I corsi di alfabetizzazione sull’intelligenza artificiale dovrebbero essere adattati alle diverse esigenze sociali e professionali della popolazione in termini di contenuti ma anche di formato, ad esempio fornendo corsi flessibili e facilmente accessibili in vari modi.

5.Stabilire un sistema di credenziali affidabile per certificare le competenze in intelligenza artificiale

La quinta proposta mira a creare un framework affidabile nell’ambito della formazione sull’AI. A tal fine, occorre sviluppare credenziali standardizzate e ampiamente riconosciute per la formazione relativa all’AI, assicurando che i datori di lavoro e gli individui abbiano una modalità affidabile per misurare capacità e competenze.

Le partnership pubblico-private sono fondamentali per allineare i contenuti formativi alle esigenze del settore, garantendo che i programmi di formazione sull’AI siano pertinenti e adatti ai progressi tecnologici.

“La collaborazione tra scuole pubbliche, università, politecnici, community college, organizzazioni non profit e governi è essenziale per ampliare l’accesso alla formazione sull’AI e colmare il divario di competenze”, commenta Justina Nixon-Saintil Vicepresidente and Chief Impact Officer di IBM

“Guardando al 2025, sappiamo che una forza lavoro qualificata è fondamentale per liberare il pieno potenziale dell’AI, ed è per questo che ci siamo impegnati a formare 2 milioni di studenti entro la fine del 2026. Questo studio evidenzia l’esigenza di ampliare le nostre collaborazioni e invitiamo altri a unirsi a noi in questo importante sforzo”, aggiunge.

Percorsi formativi per la transizione verso l’AI nelle competenze e nel lavoro: il report

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