Le missioni spaziali di lunga durata compromettono la vista degli astronauti
Una condizione che non sembra essere permanente
Almeno il 70% degli astronauti che trascorrono lunghi periodi nello spazio sviluppa la spaceflight-associated neuro-ocular syndrome (SANS), una condizione legata alla microgravità. Questa sindrome comporta una serie di alterazioni, tra cui riduzione della rigidità oculare, cambiamenti nella pressione intraoculare e modifiche nell'ampiezza del polso oculare.
I dati analizzati provengono da 13 astronauti con un’età media di 48 anni, provenienti da Stati Uniti, Europa, Giappone e Canada. Gli astronauti, che hanno passato tra i 157 e i 186 giorni sulla ISS, sono stati sottoposti a esami approfonditi che hanno evidenziato una riduzione del 33% nella rigidità oculare, un calo dell'11% nella pressione intraoculare e una diminuzione del 25% nell'ampiezza del polso oculare.
La microgravità altera la distribuzione del sangue nel corpo, aumentando il flusso verso la testa e rallentando la circolazione venosa negli occhi. Questo provoca un’espansione del coroide, lo strato vascolare che nutre la retina, con effetti come gonfiore del nervo ottico e pieghe retiniche. Uno dei risultati più significativi riguarda l’aumento dello spessore del coroide, riscontrato in cinque astronauti con valori superiori a 400 micrometri. Questo fenomeno potrebbe derivare dalla dilatazione dei vasi sanguigni oculari e dalla tensione sul collagene della sclera, causando cambiamenti duraturi nelle proprietà meccaniche degli occhi.
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