Le nostre vacanze a soccorrere migranti sulla rotta Balcanica
Dei ragazzi di un gruppo scout della Provincia di Brescia hanno passato quattro giorni delle loro vacanze di Natale a Trieste, tra i migranti in arrivo dalla rotta balcanica. «Il servizio arricchisce anche noi, ci sono tanti bei momenti insieme»,... L'articolo Le nostre vacanze a soccorrere migranti sulla rotta Balcanica proviene da Vita.it.
Le nuove generazioni non si impegnano in nulla. I ragazzi d’oggi sono egoisti e fannulloni. I giovani non hanno valori. Quante volte sentiamo queste frasi o le leggiamo fra i commenti di qualche pagina social? La realtà delle cose, tuttavia, potrebbe essere diversa. Lo testimoniano con la loro esperienza i diciannovenni Silvia Danesi e Luis Colosio (foto sotto, ndr) e i loro compagni scout del gruppo scout Sarnico 1 (di Sarnico, in provincia di Brescia), affiliato ad Agesci, che hanno deciso di dedicare quattro giorni delle vacanze di Natale al volontariato e al sostegno dei più deboli, scendendo in piazza a Trieste assieme all’associazione Linea d’Ombra, che presta soccorso e aiuto ai migranti in arrivo dalla rotta balcanica che si ritrovano a dormire all’addiaccio.
«Di solito facciamo una rotta invernale e una estiva, un’uscita di più giorni in cui ci dedichiamo a uno dei pilastri del clan», spiega Colosio, «che in questo caso era il “servizio”. Gli altri sono “Fede”, “Strada”, “Comunità”. Abbiamo scelto di lavorare con persone che si stanno spostando, innanzitutto perché è un tema attuale e poi perché anche l’anno scorso abbiamo fatto un’esperienza simile – in una comunità di minori – che abbiamo trovato molto forte». È stata proprio Silvia Danesi che, tramite un ragazzo di un altro gruppo scout, è venuta a conoscenza di Linea d’Ombra e della loro attività. Non è la prima volta, infatti, che l’associazione riceve l’aiuto di alcuni ragazzi che si dedicano allo scoutismo.
I ragazzi arrivavano nella piazza davanti alla stazione, dove si raccolgono le persone in arrivo, che non hanno altro posto dove andare, verso ora di cena; là aiutavano i “Fornelli resistenti”, realtà che distribuisce cibo ai migranti e alle persone in difficoltà. La parte più importante della loro presenza, però, era legata all’ascolto, alla convivialità. «Principalmente il bisogno era quello di stare insieme a queste persone, che altrimenti magari non avrebbero avuto nessuno», spiega Colosio. «Per me è stata un’esperienza forte. È stato davvero sconvolgente sentire le storie di ragazzi della nostra età che abbandonano casa, vanno in carcere, fanno un viaggio lunghissimo. Sto ancora elaborando quello che ho vissuto, non lo so ben descrivere».
È stato davvero sconvolgente sentire le storie di ragazzi della nostra età che abbandonano casa, vanno in carcere, fanno un viaggio lunghissimo Luis Colosio
«Il primo giorno in cui sono arrivata in piazza ero un po’ impaurita, perché non sapevo come approcciare queste persone», aggiunge Danesi, «ma alla fine è stato tutto naturale e pian piano, con semplici azioni, siamo riusciti a creare qualcosa di bello. Penso che ne siamo usciti arricchiti sia noi che loro». Entrare in contatto con situazioni diverse apre la mente, fa vedere il mondo da un altro punto di vista. «Adesso quando tornerò a Trieste e magari passerò in mezzo alla piazza, saprò di aver creato lì dei legami belli», continua la ragazza.
Per i due ragazzi, utilizzare dei giorni di vacanza per andare ad aiutare gli altri non è stato un sacrificio o uno spreco di tempo, ma una naturale conseguenza della loro propensione al servizio. «Se decidi di fare scout, torni sempre dai campi con qualcosa in più», commenta Danesi, «quindi sapevo che non mi sarei pentita di andare ad aiutare le persone; sono nel gruppo da tanti anni e conosco bene questo modo di passare le giornate, che magari sono un po’ diverse rispetto all’ordinario. Siamo una comunità, siamo parte di un gruppo, ci conosciamo, abbiamo degli obiettivi e cerchiamo di portarli a termine». «La nostra non è stata in alcun modo una rinuncia», dice il ragazzo, «c’è stato il servizio, ma anche tanti bei momenti che abbiamo passato assieme».
Per i due giovani, quella che loro hanno fatto coi migranti è un’esperienza che anche i loro coetanei dovrebbero fare. «Ti rendi conto della poca differenza che c’è tra te e queste persone», conclude Colosio, «che magari sarebbero come te all’università, che magari hanno iniziato o finito un percorso di studi, ma si trovano in una condizione totalmente diversa dalla tua».
Nella foto di apertura, di AP Photo/Marc Sanye/LaPresse, famiglia afgana attraversa il confine a Velika Kladusa, fra Bosnia e Croazia.
L'articolo Le nostre vacanze a soccorrere migranti sulla rotta Balcanica proviene da Vita.it.
Qual è la vostra reazione?