Legge 104, legittimo il trasferimento per il caregiver se "giustificato"

Aprile 12, 2025 - 11:00
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Legge 104, legittimo il trasferimento per il caregiver se "giustificato"

lentepubblica.it

Secondo una recente sentenza del Tribunale di Milano il trasferimento di un lavoratore caregiver, che beneficia delle agevolazioni della Legge 104, non è discriminatorio se giustificato da esigenze ambientali e organizzative.


La pronuncia giuridica chiarisce i limiti del diritto alla sede di lavoro per chi assiste familiari con disabilità: il caso di una lavoratrice e il ruolo delle incompatibilità ambientali nella decisione aziendale.

Il caso

Il Tribunale del Lavoro di Milano, con la sentenza n. 581 del 10 febbraio 2025, si è pronunciato su una vicenda complessa riguardante una dipendente bancaria, assunta tramite collocamento obbligatorio per invalidità civile al 46%, che ha contestato il proprio trasferimento all’interno della stessa città, sostenendo fosse discriminatorio e ritorsivo.

La lavoratrice, nel corso degli anni, aveva cambiato più volte mansione e sede, ottenendo anche il riconoscimento del 50% di invalidità civile e lo status di persona con disabilità. Aveva inoltre usufruito dei permessi previsti dalla Legge 104/1992 per assistere la madre, affetta da grave disabilità.

A seguito di un contenzioso giudiziario precedentemente avviato nei confronti del datore di lavoro per demansionamento e comportamenti vessatori, l’azienda aveva disposto una nuova assegnazione presso un diverso ufficio sempre a Milano, a poca distanza dalla sede precedente.

Secondo la ricorrente, questa nuova collocazione, pur all’interno della stessa città, le avrebbe impedito di continuare a operare tra due sedi operative, come avveniva in precedenza, con una conseguente riduzione di incarichi e responsabilità.  Ha quindi sostenuto che si trattasse di una forma di penalizzazione legata al precedente ricorso in tribunale.

Legge 104, legittimo il trasferimento per il caregiver se “giustificato”

La questione centrale affrontata dal giudice ha riguardato l’applicabilità dell’articolo 33, comma 5, della Legge 104/1992, che tutela i lavoratori che assistono familiari in situazione di gravità, impedendone il trasferimento senza il loro consenso. Tuttavia, il tribunale ha osservato che la madre della lavoratrice risiede comunque nel Comune di Milano, e che il cambio di sede – avvenuto anch’esso all’interno della città – non ne comprometteva in alcun modo il ruolo di caregiver.

Inoltre, il giudice ha sottolineato che il provvedimento adottato dall’azienda non configurava un vero e proprio trasferimento ai sensi dell’art. 2103 del Codice Civile, bensì una semplice riassegnazione tra uffici della stessa area operativa, distanti solo poche centinaia di metri.

Un punto decisivo della motivazione è stato il contesto ambientale in cui si era svolta la vicenda. L’azienda ha infatti giustificato la riorganizzazione facendo riferimento a una situazione di forte conflittualità interna:

  • da un lato, la dipendente aveva denunciato comportamenti vessatori da parte dei superiori;
  • dall’altro i responsabili avevano segnalato un clima lavorativo teso e problematico, aggravato da atteggiamenti giudicati ostili della stessa lavoratrice.

Alla luce di queste tensioni, il giudice ha ritenuto la scelta dell’azienda legittima e prudenziale, volta a evitare ulteriori contrasti e a tutelare la salute della dipendente, come previsto dall’art. 2087 del Codice Civile, che impone all’impresa di garantire condizioni di lavoro sicure e rispettose della dignità del personale.

Le conlusioni dei giudici e l’impatto della pronuncia giuridica

In definitiva, il tribunale ha escluso qualsiasi intento ritorsivo da parte del datore di lavoro, ritenendo la decisione organizzativa fondata su motivazioni coerenti e proporzionate. La domanda della lavoratrice è stata quindi respinta.

La sentenza rappresenta un punto fermo nell’interpretazione del diritto alla sede di lavoro per i caregiver, chiarendo che il vincolo alla non trasferibilità non può essere utilizzato in maniera assoluta, ma deve essere bilanciato con le esigenze dell’organizzazione e con il contesto specifico in cui si inserisce la prestazione lavorativa.

Il testo della sentenza

Qui il documento completo.

 

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