L'intervista a Tremonti: “Il mondo cambia e l'Italia ora ha più opportunità”. La stoccata a Draghi
«Il famoso scatto sul treno, dove compaiono, Macron, Scholz e Draghi, ricorda la scena del film Cassandra Crossing con un'Italia che comunque non conta niente. In un mondo che non è più globalista e non globale, abbiamo, invece, molte più chance». A dirlo Giulio Tremonti, presidente della Commissione Esteri della Camera e autore di “Guerra o Pace”, in uscita con Solferino. La vittoria di Trump determina una svolta a livello internazionale? «Viviamo e vediamo un salto d'epoca, come è stato nel Cinquecento. Shakespeare faceva dire ad Amleto “il tempo è scardinato”. Nel Cinquecento ci sono stati quattro eventi rivoluzionari: la scoperta dell'America; l'invenzione della stampa; la prima grande crisi finanziaria globale e infine l'invasione musulmana da Est. In quel periodo fu scritto un libro intitolato “mundus furiosus”, titolo attuale e in effetti l'ho utilizzato nel 2016, già vedendo la rottura del tempo globalista». Quali le similitudini con lo scenario attuale? «La scoperta della Ci
«Il famoso scatto sul treno, dove compaiono, Macron, Scholz e Draghi, ricorda la scena del film Cassandra Crossing con un'Italia che comunque non conta niente. In un mondo che non è più globalista e non globale, abbiamo, invece, molte più chance». A dirlo Giulio Tremonti, presidente della Commissione Esteri della Camera e autore di “Guerra o Pace”, in uscita con Solferino.
La vittoria di Trump determina una svolta a livello internazionale?
«Viviamo e vediamo un salto d'epoca, come è stato nel Cinquecento. Shakespeare faceva dire ad Amleto “il tempo è scardinato”. Nel Cinquecento ci sono stati quattro eventi rivoluzionari: la scoperta dell'America; l'invenzione della stampa; la prima grande crisi finanziaria globale e infine l'invasione musulmana da Est. In quel periodo fu scritto un libro intitolato “mundus furiosus”, titolo attuale e in effetti l'ho utilizzato nel 2016, già vedendo la rottura del tempo globalista».
Quali le similitudini con lo scenario attuale?
«La scoperta della Cina, come quella dell'America, è un fatto rivoluzionario dal punto di vista geopolitico. Si passa, poi, da “cogito” a “digito” ergo sum sulla rete. Terzo punto di similitudine è il probabile caos finanziario. Dall'Ucraina al Mar Rosso, infine, siamo di fronte a una vera e propria guerra alla civiltà occidentale».
Quando c'è stata quella che considera una “rottura del tempo”?
«Nel G20 di Roma, nell'autunno del 2021, i nostri statisti sono ancora convintamente nella logica globalista "People, Planet, Prosperity" e perciò ottimisti vanno alla Fontana di Trevi per buttarci la monetina. Non si accorgono, però, che insieme a loro non c'erano il cinese e il russo. Quattro mesi dopo comincia la guerra in Ucraina. La prima presidenza Trump, nel 2017, si caratterizzava per una politica forte, ma ancora non rivoluzionaria. Veniva fatta una deregulation, venivano detassati gli investimenti, ma erano tutti interventi economici. Quell'esecutivo entrò in crisi solo con il Covid, quello che Trump chiamava il virus cinese. Oggi uno dovrebbe chiedersi perché Biden ha graziato Fauci».
Cosa si aspetta, invece, dal Trump due?
«Una presidenza la valuti dopo due anni, non dopo due giorni. Una cosa è certa, questa presidenza ha una proiezione globale in un mondo che non è più globalista. Nel discorso di Obama il mercato reggeva le sorti dell'umanità. Si andava oltre la storica triade valoriale (libertà, uguaglianza e fraternità) per abbracciarne una nuova (globalità, mercato e moneta). Questa presidenza, grazie alla forza nuova dell'America, invece, esce dalla logica globalista e sviluppa una nuova logica di potenza globale».
Si parla, intanto, di dazi per l'Europa? Possiamo parlare di minaccia?
«Di solito i dazi hanno una logica fiscale o una logica negoziale. Possono essere, quindi, molto diversi da un caso all'altro».
L'Italia potrebbe essere agevolata, considerando gli attuali rapporti con la Casa Bianca?
«È molto presto per dirlo. In Europa la politica commerciale è una delle politiche che sono o dovrebbero essere comuni. Bisognerà vedere come si articolerà sui singoli prodotti. Dietro un prodotto c'è un Paese. Dietro l'auto c'è la Germania, dietro il parmigiano c'è l'Italia».
Definisce, comunque, virtuosa la strategia di quest'esecutivo?
«L'Italia si è mossa in equilibrio tra l'Europa e il Mediterraneo. Si è mossa, pertanto, bene. Il piano Mattei è certamente una visione».
Hanno un effetto positivo, quindi, i viaggi della premier?
«Essendo tutto molto integrato, non è corretto separare la politica industriale e domestica da quella internazionale. Tutto si collega e si tiene. Vale sia per le opportunità che per le difficoltà. La crisi industriale tedesca, ad esempio, dovrebbe essere un fattore di preoccupazione, indipendentemente dall'attività del governo».
Il senso di solidarietà tra i vari Stati dell'Ue, però, non è forte come un tempo...
«Tempi drammatici richiedono uomini forti. Quelli nella famosa foto del Trattato di Roma, pur essendo in bianco e nero, erano statisti. Uomini forti creano tempi facili: il mercato europeo comune, la Pac, trent'anni di benessere e progresso. Tempi facili, però, portano uomini deboli che creano tempi drammatici, come quello in cui ci troviamo. Forse sarebbe il caso, dunque, di capire cosa è stato fatto negli ultimi venti anni. Le parole "mea culpa" non vengono usate. Detto ciò, non affiderei la soluzione del problema alle teste che li hanno causati. Mi riferisco a chi ha governato creando quattrocento chilometri lineari di regole europee. Solo oggi si nota lo spiazzamento tecnologico dell'Europa. È vero. Bill Gates, in Europa, non sarebbe riuscito a trasformare un garage in un laboratorio. Guglielmo Marconi finirebbe in prigione».
Qual è la vostra reazione?