Masquerade, Make-up & Ensor la mostra sul trucco ad Anversa
Masquerade, Make-up & Ensor al MoMu di Anversa è la mostra sul...
Masquerade, Make-up & Ensor al MoMu di Anversa è la mostra sul valore culturale del trucco. Fino al 2 Febbraio 2025
Nell'era dei filler, dei filtri AI e del contouring quotidiano il volto che mostriamo al mondo, spesso, non è il nostro. I contenuti visivi che consumiamo determinano anche come ci trucchiamo per presentarci nei contesti che viviamo tutti i giorni: nel 2001 non sarebbe mai venuto in mente a nessuno di farsi le lentiggini finte e disegnare il contorno labbra più voluminoso per andare a lavoro, mentre oggi è quasi normale indossare la "faccia da TikTok". Questo meccanismo di identificazione estetico denota la funzione performativa e trasformativa del trucco, utilizzo che sin dall'inizio della storia ha collimato con il concetto di maschera. L'uso del make-up è culturale, diffuso nei diversi costumi del mondo, dal suo utilizzo nelle cerimonie tradizionali alla funzione protettiva che aveva nelle culture africane ad esempio, dove il kajal veniva applicato sugli occhi di donne e bambini per proteggerli dalle tempeste di sabbia e dai germi. Il trucco e lo studio della sua applicazione è uno strumento antropologico perfetto per capire la relazione profonda tra identità e manifestazione. Protezione e nascondiglio, biglietto da visita e utensile visivo. Ne parla, finalmente come si deve, la mostra Masquerade, Make-up & Ensor al MoMu, fashion museum di Anversa fino al 2 febbraio 2025, attraverso le opere degli artisti chiave del nostro tempo.
Trucco come arte provocatoria e come rifugio
I curatori della mostra a cavallo tra arte, moda e trucco Kaat Debo, Elisa De Wyngaert e Romy Cockx hanno creato qualcosa che prima non c'era: un'esposizione che parli di make-up come forma d’arte oltre che un’industria da trilioni di dollari. Lo fanno partendo, come sempre al MoMu, da un artista autoctono, usando i dipinti del pittore belga James Ensor. Pittore fiammingo, anticipatore del movimento fauvista e impressionista operante dal 1888, le immagini turbate e colorate di Ensor sono punto di partenza per interrogarsi sul concetto di “maschera” e sul suo uso, come la necessità di manifestare l'appartenenza ad un gruppo, trasformarsi in qualcosa che si ama o nascondersi da quello che di se si fatica ad accettare. L'artista belga, affascinato fin da piccolo dai clown e dalle maschere, dipingeva figure il cui vero volto era grottescamente coperto e le cui nuove sembianze ne rivelavano i tratti più brutti e ripugnanti. Da qui nasce spontanea la connessione con i lavori provocatori di Inge Grognard e Martin Margiela, Rispettivamente make-up artist e più celebre designer, entrambi parte del collettivo dei Sei di Anversa.
Il trucco che non sublima, ma provoca e diverge
Il designer definisce così il lavoro in tandem per la fanzine Make-up 1988-2008 - Martin Margiela X Inge Grognard esposta in mostra: «Le facce che creavamo [con il trucco] non si concentravano sul glamour ma su una forma di espressione cruda, i capelli non erano mai “acconciati” ma tenuti nello stile originale di ogni donna, il che, a quei tempi, era una posizione divergente». Grognard e Margiela sono solo un esempio dell'esplorazione artistica e visiva che usa il trucco per creare nuovi immaginari, comunicare disagio e distacco, catturare l'attenzione dello spettatore. Le fotografe Issy Wood, Cyndia Harvey, Harley Weir e il fotografo Éamonn Freel offrono lo sguardo critico di oggi sul concetto di mascherare come atto culturale w portano una visione ancor più corrente di fronte agli occhi dei visitatori, che tra un'immagine e l'altra si trovano di fronte a visi trasfigurati, maschere viso in silicone, messe in scena e tanti punti di domanda sul perché si fanno certe azioni per modificarsi i tratti del volto.
Un rituale artistico ed etnografico
Oltre ai capolavori della carriera della truccatrice belga, autrice e key artist delle sfilate Diesel negli ultimi anni, sono esposti i look decisi di Peter Philips, key artist per Dior Beauty, le creazioni di Thomas de Kluyver per Gucci Beauty, i capolavori tricologici di Eugene Souleiman. Ma anche gli accessori e maschere di designer come Walter Van Beirendonck direttore del Dipartimento Moda dell'Accademia di Belle Arti di Anversa, dove si è laureato nel 1980, fino al 2022. Il concetto di maschera per il designer con lo stile più colorato ed vistoso degli Antwerp Six viene esplorato con un'impressionante collezione di tutte le maschere in tessuto create nel corso della sua evoluzione, guidato da un fascino per «i rituali etnografici; tutto ciò che ruota intorno ai corpi, ai volti e ai cambiamenti di personalità. Sono stato affascinato dalle maschere fin dall'inizio della mia carriera”» afferma lui stesso parlando dal Wereldmuseum di Rotterdam, dove nel 2017 si è tenuta la sua mostra Power Mask - Il potere delle maschere. Una mostra conduce in un viaggio che esplora e interroga il vero valore creativo della trasfigurazione tramite accessori e trucco nell’esperienza umana, diversa in ogni parte del globo in cui avviene. Tanti spunti e dettagli di riflessione che una volta percepiti, saranno difficili da dimenticare.
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