Melania Trump, perché ha scelto uno stilista indipendente
Per l’Inauguration Day Melania Trump sceglie il designer newyorchese Adam Lippes. Una...
Per l'Inauguration Day Melania Trump sceglie il designer newyorchese Adam Lippes. Una scelta nazionalista ma che dice anche di un nuovo atteggiamento della moda nei confronti della seconda amministrazione Trump
Alla cerimonia d'insediamento in cui suo marito Donald Trump è diventato il 47° presidente degli Stati Uniti, il 20 gennaio la first lady Melania Trump ha indossato un cappotto e una gonna in lana di seta Adam Lippes, con una camicetta color avorio e un tanto chiacchierato cappello firmato Eric Javits. «La tradizione dell'inaugurazione presidenziale incarna tutta la bellezza della democrazia americana e oggi abbiamo avuto l'onore di vestire la nostra first lady, la signora Melania Trump», ha dichiarato Lippes in un comunicato. «L'abito della signora Trump è stato creato da alcuni dei migliori artigiani americani e sono molto orgoglioso di mostrare questo lavoro al mondo».
Originaria della Slovenia, Melania Tump è solo la seconda donna non nata negli Stati Uniti, e quindi di fatto immigrata, a ricoprire il ruolo di First Lady (la prima è stata Louisa Adams, nata a Londra e moglie di John Quincy Adams, presidente dal 1825 al 1829). Sebbene durante il primo mandato del marito e gran parte della sua recente campagna elettorale abbia indossato per lo più griffe europee (Dolce & Gabbana e Alexander McQueen le sue preferite, ma ha optato per Christian Dior la sera delle elezioni), la scelta di Lippes sembra particolarmente significativa. Gran parte dell'ultima campagna di Trump, del resto, si è concentrata sul rafforzamento dell'economia americana.
Un cambio di passo verso l'americanità
Il brand che prende il nome dallo stilista nato e cresciuto a New York è un'azienda indipendente con poco più di dieci anni di vita, una scelta nettamente diversa dal colosso della moda americana Ralph Lauren, che aveva vestito la First Lady per l'inaugurazione del 2017. In questo caso, la signora Trump sembra voler sottolineare questi sforzi in discontinuità col messaggio altalenante lanciato durante il primo mandato del marito. All'epoca, lui predicava in favore degli acquisti made in Usa e il guardaroba di lei invece raccontava una storia diversa.
Otto anni fa la scelta di Ralph Lauren da parte di Melania Trump è sembrata un appello all'unità - coincidenza ha voluto che anche Hillary Clinton indossasse lo stesso marchio in quella cerimonia - e una dichiarazione che anche lei avrebbe potuto seguire i passi delle First Lady del passato indossando uno degli stilisti più prolifici e riconoscibili del Paese: americana fino in fondo. Storicamente, Lauren è stato felice di vestire entrambi gli schieramenti politici. Per esempio ha sempre vestito Jill Biden durante il suo mandato di First Lady e l'ha ospitata a una delle sue sfilate l'anno scorso. A dicembre è stato anche il primo stilista a ricevere la Medaglia presidenziale della libertà sotto l'amministrazione Biden. E, infine, sia Joe sia Jill Biden hanno indossato Ralph Lauren all'inaugurazione del 20 gennaio.
Lippes, al contrario, pur non essendo un nome del tutto noto, è uno stilista di riferimento per la nuova First Lady. La scorsa estate è stata avvistata a New York con un abito-camicia a righe bianche e nere di Adam Lippes e, insieme a Michael Kors, il marchio è stato uno dei pochi nomi americani che ha indossato durante il primo mandato del marito. La scelta di Lippes suggerisce che Melania Trump continuerà a coinvolgere la comunità della moda a modo suo, in particolare riaffermando il potere della sua posizione di promuovere le imprese americane indipendenti ed emergenti come hanno fatto altre che l'hanno preceduta (pensiamo a Jill Biden in Markarian di Alexandra O'Neill all'inaugurazione del 2021 o a Michelle Obama in Isabel Toledo e Jason Wu agli eventi inaugurali del 2009).
Il rischio dei brand
Sebbene sia stata per lo più assente durante la campagna elettorale, l'anno scorso la First Lady ha fatto delle apparizioni stampa per promuovere il suo memoir Melania, il che faceva già pensare alla sua ambizione di emergere come personalità a sé stante. Un rinnovato allineamento con la moda potrebbe contribuire a stimolare queste aspirazioni, se l'industria fosse disposta a collaborare. Gli stilisti americani si sono spesso mostrati dubbiosi nel mostrare qualsiasi appoggio alla prima amministrazione Trump per non compromettere i loro valori e ideali politici più progressisti. Tuttavia, è innegabile che vestire una First Lady susciti grande attenzione e diventi un riferimento di stile per le fasce più conservatrici di clienti a cui marchi come Lippes (o, per esempio, Carolina Herrera, Oscar de la Renta e altri) si rivolgono.
Lo scorso fine settimana il marchio Oscar de la Renta ha condiviso sui social media di aver vestito la Second Lady Usha Vance per la Cena ufficiale della Vicepresidenza (ma anche durante la cerimonia di insediamento) e Ivanka Trump per un altro evento. I commenti di entrambi i post su Instagram erano inondati da clienti e follower che condividevano il loro disappunto. Ciò potrebbe essere indicativo di ciò a cui fanno incontro altri marchi popolari che si avvicinano all'amministrazione Trump, anche se va detto che una tempesta social non si traduce necessariamente anche nei negozi. A giudicare dalla scelta di Lippes di vestire la First Lady per questa occasione cruciale, il gioco potrebbe valere la candela ma sarà solo il tempo a dirlo.
Un nuovo assetto nel mondo della moda
Il mondo della moda è stato storicamente reticente a collaborare con l'amministrazione Trump ma quella stessa reticenza potrebbe venire meno in questo secondo mandato. «Non ho nessun interesse a vestire Melania Trump», disse a WWD nel novembre 2016 Marc Jacocs, e come lui si dichiararono altri designer della scena di New York come Phillip Lim e Derek Lam. Nel 2017, appunto, fu uno shock quando Ralph Lauren decise di vestire Melania Trump, con tanto di appelli al boicottaggio del brand. «L'insediamento del presidente è un'occasione per gli Stati Uniti di mostrarsi al mondo al meglio», fecero sapere all'epoca dal marchio.
Ma le proteste social vanno e vengono come al solito, e oggi più che mai viene da chiedersi se le solite resistenze si ripeteranno. Soprattutto considerando che, dato che Trump ha vinto nel voto popolare, opporsi apertamente a lui vorrebbe dire alienarsi molti clienti, in un contesto in cui il mercato globale del lusso nel 2024 ha perso 50 milioni di acquirenti. Senza considerare che l'industria della moda ha tradizionalmente interesse a mantenere un atteggiamento bipartisan: lo stesso Bernard Arnault, ceo di LVMH, presente con la figlia Delphine Arnault (ceo di Dior) all'inaugurazione di Trump, era stato a un ricevimento di Biden lo scorso giugno, mentre il figlio Alexandre Arnault (ceo della divisione vino e liquori di LVMH) era stato visto a un comizio di Trump e Vance. In vista dei dazi promessi da questa amministrazione sui beni di importazione, mantenere un rapporto con Trump non è una mossa sorprendente.
I designer si sono sempre mostrati prudenti nell'alienarsi la loro community più democratica e progressista formata da creativi, stylist e editor, ma una cattiva pubblicità - o nessuna pubblicità - non nega il fatto che una figura pubblica come Melania Trump possa raggiungere un largo pubblico che di solito l'élite fashion non intercetta. Eppure, se i commenti sotto quei post di Oscar de la Renta valgono qualcosa, i consumatori continuano a vegliare minuziosamente sulle politiche dei loro brand preferiti. Ciò significa che i designer che decidono di vestire Melania Trump hanno rinunciato del tutto ai loro valori assecondando solo i suoi? Non esattamente. Sarà così stupefacente se la seconda amministrazione Trump sarà abbracciata in modo diverso dal mondo della moda? Niente affatto. La speranza è che l'industria continui spedita nella sua intolleranza contro razzismo, xenofobia, transfobia e misoginia, ma sarebbe ingenuo ignorare che una parte significativa degli Stati Uniti ha comunque votato per Donald Trump.
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Questo articolo è stato pubblicato in origine su Vogue US
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