Memoria, futuro e identità. I tre finalisti del MAXXI Bvlgari Prize 2024 hanno molto da dire con la loro arte

Monia Ben Hamouda vince il MAXXI Bvlgari Prize 2024, il premio che...

Memoria, futuro e identità. I tre finalisti del MAXXI Bvlgari Prize 2024 hanno molto da dire con la loro arte

Monia Ben Hamouda vince il MAXXI Bvlgari Prize 2024, il premio che nel tempo tra i suoi finalisti ha visto passare Vanessa Beecroft, Francesco Vezzoli, Lara Favaretto e Nico Vascellari.

Un penetrante profumo di spezie, una suadente musica elettronica e poi il sentore legnoso del carbone. Sono queste le prime sensazioni olfattive e sonore che accolgono il visitatore alla mostra per la quarta edizione del MAXXI Bvlgari Prize, il progetto che dal 2018 unisce il museo MAXXI e la maison Bvlgari, al fine di sostenere e promuovere i giovani artisti in Italia e nel mondo.

A cura di Giulia Ferracci e allestita nella sala Gian Ferrari del museo, l’esposizione aperta fino al 2 marzo 2025, mette in esposizione le opere dei tre artisti finalisti del premio, annunciati lo scorso ottobre. Riccardo Benassi, Monia Ben Hamouda, Binta Diaw i loro nomi. ASSENZAHAH ESSENZAHAH, Juroom ñaar, Theology of Collapse (The Myth of Past) I-X le tre opere che nella diversità formale hanno lo stesso identico potere di schiudere piccoli universi percettivi. Tra questi tre interventi site-specific, appositamente pensati e creati per gli spazi del museo, ad essere decretato vincitore è stato quello di Monia Ben Hamouda, entrato a far parte della collezione permanente del MAXXI.

Monia Ben Hamouda Theology of Collapse  IX 2024

Monia Ben Hamouda, Theology of Collapse (The Myth of Past) I-X, 2024 Riccardo Musacchio

La fragilità delle identità culturali nell'opera di Monia Ben Hamouda

Theology of Collapse (The Myth of Past) I-X (2024), l’opera di Monia Ben Hamouda rievoca la fragilità delle identità contemporanee nel mondo globalizzato. Identità che rischiano di sparire, di collassare per l’appunto, sotto il peso di una sempre maggiore tendenza all’appiattimento. E contro questo appiattimento l’artista installa una serie di pannelli di ferro intagliati al laser con motivi desunti dalla calligrafia e dall’arte decorativa islamica. Le lastre, dipinte con spezie tra cui paprika, ibisco e cannella, sono posizionate sulla parete di fondo della galleria, creando un effetto di collasso che dialoga con la parete obliqua in calcestruzzo del museo, progettato da Zaha Hadid.

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Memoria futuro e identità. I tre finalisti del MAXXI Bvlgari Prize 2024 hanno molto da dire con la loro arte
Riccardo Musacchio

Le altre opere finaliste

Nato nel 2001 come Premio per la Giovane Arte, e dall’edizione 2018 diventato MAXXI Bvlgari Prize grazie al supporto di Bvlgari, l’award ormai da tempo rappresenta il nucleo costitutivo della collezione d’arte del MAXXI e negli anni è stato un importante trampolino di lancio per molti artisti più o meno emergenti, oggi entrati a far parte a pieno titolo nel sistema dell’arte contemporanea internazionale. Basti pensare che alle passate edizioni tra i finalisti sono apparsi creativi del calibro di Vanessa Beecroft, Francesco Vezzoli, Lara Favaretto, Nico Vascellari, Yuri Ancarani e altri ancora.

Da destra Monia Ben Hamouda JeanChristophe Babin Binta Diaw Riccardo Benassi

Da destra: Monia Ben Hamouda, Jean-Christophe Babin, Binta Diaw, Riccardo Benassi Riccardo Musacchio

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«È per Bvlgari un onore essere arrivati alla quarta edizione del Maxxi Bvlgari Prize. C’è un filo sottile che collega l’arte alla gioielleria, e questo è la creatività. Una forza che sottintende la necessità di generare emozioni attraverso linguaggi inediti e sorprendenti. Il valore dell’arte è un patrimonio globale da tutelare nel presente e per le generazioni a venire», ha detto Jean-Christophe Babin, CEO di Bvlgari, durante il vernissage.

Memoria futuro e identità. I tre finalisti del MAXXI Bvlgari Prize 2024 hanno molto da dire con la loro arte
Riccardo Musacchio

Ad aprire il percorso espositivo è ASSENZAHAH ESSENZAHAH (2024) di Riccardo Benassi, con il quale l’artista crea un piccolo universo futuristico — ma già reale e concreto — in cui il visitatore è portato a oscillare tra l’ammirazione e un sinistro effetto uncanny valley. Merito di due cani robotici che eseguono coreografie a tempo di musica elettronica negli spazi industriali di un montacarichi. A sottolineare la riflessione sull’impatto delle nuove tecnologie sulle nostre vite, un glitch di un testo laser dai toni violacei sulle pareti metalliche dell’ascensore.

Memoria futuro e identità. I tre finalisti del MAXXI Bvlgari Prize 2024 hanno molto da dire con la loro arte
Riccardo Musacchio
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Successivamente uno spazio in ombra accoglie nel mondo intimistico e a tratti doloroso di Binta Diaw, dove Juroom ñaar (2024) parla di un evento storico del 1819 commemorato dall’artista con sette colonne di carbone, imprigionate in una rete metallica. Sette sono infatti le donne del villaggio senegalese di N’Der che morirono, dandosi fuoco, per evitare la schiavitù a seguito dell’invasione delle armate dell’emirato di Trarza. Ad evocare le trame dell’eroica resistenza — ma anche della tragedia — di queste donne entrate nella storia, suoni, voci in lingua Wolof e trecce di capelli.

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