Milei saluta il nuovo sistema di cambio del dollaro: “Oggi siamo più liberi”

Il presidente dell’Argentina, Javier Milei, ha celebrato l’avvio del nuovo schema di cambio con il dollaro, parlando di una giornata “storica” nel cammino verso la maggiore “libertà” di cittadini e imprese. “Siamo entrati in una giornata storica perché abbiamo rotto un altro anello della catena, il più pesante e difficile”, ha detto Milei benedicendo – nel corso di un’intervista a “Radio Mitre” – l’entrata in vigore di un sistema che permetterà al dollaro di essere scambiato sul mercato, all’interno di una fascia iniziale compresa tra i 1.000 e i 1.400 pesos, e non più a un valore in sostanza fissato dal governo. Da oggi “non esiste più il dollaro ufficiale. Abbiamo un solo tasso di cambio, quello fissato dal mercato”, ha detto Milei denunciando di aver subito attacchi speculativi che avrebbero spinto il valore del dollaro scambiato sui mercati informali “fino a 3.000 pesos”.
La prima liberalizzazione del valore del dollaro è parte della “terza fase” della riforma economica annunciata venerdì scorso .Il governo di Milei ha precisato che l’intervallo di fluttuazione potrà essere ampliato ogni mese dell’uno per cento tanto nel limite inferiore quanto in quello superiore. Il dollaro – il cui valore poteva da ultimo essere aggiornato ogni mese con una variazione dell’un per cento sul valore precedente -, torna così parzialmente sul mercato, lasciando alla Bcra il compito di intervenire, vendendo o acquistando divisa, nel momento in cui la quotazione dovesse rischiare di uscire dai limiti previsti nella forchetta. Non si tratta dell’unica novità che si registra oggi.
Con la fine del cosiddetto “cepo cambiario” cadono innanzitutto le restrizioni poste all’acquisto del biglietto verde, 200 dollari al mese nel caso delle persone fisiche. Un tetto reintrodotto sette anni fa per evitare che l’acquisto indiscriminato, inteso come rifugio alla perdita di valore del peso, facesse lievitare eccessivamente il valore del dollaro. Al momento, il limite viene rimosso solo per le operazioni tramite canali digitali, mentre allo sportello potrà essere cambiato un massimo di cento dollari al mese, con tanto di dichiarazione giurata che non sono stati infranti i limiti. La decisione annunciata dalla Banca centrale (Bcra) avvicina il modello di liberalizzazione del mercato delle valute messo nel mirino dal presidente Milei sin dalla campagna elettorale.
Un’altra importante novità è relativa alla fine del cosiddetto dollaro “blend”, il meccanismo in base al quale agli esportatori veniva consentito di cambiare l’80 per cento del loro guadagno in dollari usando la quotazione ufficiale, generalmente più bassa, e il restante 20 per cento a un valore più alto, fissato nel “mercato parallelo” o “finanziario”. Il sistema consentiva alle imprese di poter incassare dalle vendite oltre confine un utile maggiore rispetto a quello reso possibile dal cambio ufficiale, fungendo da parziale incentivo per il rientro in patria di capitali. Un margine di guadagno che dovrebbe almeno in parte essere compensato dalla nuova quotazione del dollaro, cui verrà convertito l’intero incasso, in un tentativo – sostiene inoltre il governo – di semplificare lo schema di cambi e rendere più prevedibile la programmazione delle vendite all’estero.
Un pacchetto di riforme che ha un elemento sostanziale nel nuovo prestito da 20 miliardi di dollari concesso dal Fondo monetario internazionale (Fmi). Del totale delle risorse disposte, 15 sono di “libera disponibilità” per l’anno in corso: 12 miliardi subito, due miliardi a giugno e un miliardo nel secondo semestre. A questi fondi si aggiungono anche 6,1 miliardi raccolti da altri organismi internazionali, mentre la Bcra lavora ad una nuova asta per un credito fino a due miliardi di dollari. “Nell’insieme, questi accordi possono potenzialmente contribuire a un aumento di 23 miliardi di dollari delle riserve liquide della Banca centrale (Bcra) nel 2025”, ha spiegato il ministro dell’Economia Luis “Toto” Caputo. “In ultimo, la Bcra ha anche accordato un rinnovo per dodici mesi dello swap con la Banca centrale cinese, per circa cinque miliardi di dollari. Tutte risorse che Buenos Aires utilizzerà innanzitutto per onorare le scadenza legate al pagamento di debiti (e interessi sul debito) pregressi con il Fondo e poi per consentire alla Bcra di poter avere riserve monetarie tali da poter mantenere senza traumi la fluttuazione del dollaro all’interno della nuova fascia di cambio.
Infine, dato considerato essenziale soprattutto per gli imprenditori stranieri che operano in Argentina, la maggior disponibilità delle riserve permette al governo di rimuovere molti dei numerosi limiti posti alla distribuzione degli utili all’estero: nel tempo, per evitare la fuga di capitali e il prosciugarsi delle riserve, la Banca centrale ha per esempio disposto che il dollaro fosse utilizzato prima di tutto per l’acquisto di importazioni essenziali e per il pagamento del debito (voce di spesa abbattuta dalle altre riforme del governo), autorizzando solo in ultima istanza – e con controlli formali rigorosi – l’invio all’estero dei guadagni ottenuti dalle imprese. Senza contare che le imprese dovevano comunque trasformare gli utili in pesos al tasso ufficiale, non remunerativo, prima di poter riacquistare dollari per inviarli all’estero. Il risultato di questa complessa manovra, riassumono i media, è di consentire che tutte le imprese possano inviare all’estero gli utili ottenuti dal 1 gennaio 2025.
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