«Sembrava di essere su Marte. Solo sabbia e rocce ovunque. In realtà era la grande distesa del deserto di Ica, in Perù. La spedizione scientifica decisa dalle tre Università italiane di Pisa, Milano-Bicocca e Camerino ci aveva fatti arrivare fino a lì insieme a un gruppo di paleontologi italo-peruviani», ecco il racconto dello storico collaboratore di Focus.it Luigi Bignami che ha fatto parte della spedizione.... Il documentario. L'obiettivo era studiare la geologia di quel deserto e approfondire la ricerca di fossili di ogni genere, soprattutto di grossi cetacei. Un viaggio intenso testimoniato con il documentario che il prossimo 25 ottobre andrà in onda su Focus TV (canale 35 del digitale terrestre). Il racconto diviso in due parti racconterà l'intera settimana di ricerca, sacrificio e passione.. ISOLATI. Già in passato nel deserto di Ica erano stati trovati numerosi reperti: parti del Perucetus colossus per esempio, un cetaceo che oggi risulta essere il più pesante che sia mai vissuto sul nostro pianeta, con una stazza da circa 240 tonnellate. Ospitati nell'accampamento di un team italo-peruviano di paleontologi, abbiamo vissuto a stretto contatto con i protagonisti della nuova ricerca.
Ciascuno con la propria tenda in prossimità della tenda madre, quella che faceva da incontro tra i ricercatori, abbiamo assistito allo scambio dei dati raccolti nelle lunghe giornate di lavoro, ai loro dialoghi, alle cene e al riposo di una spedizione coraggiosa: tutto si svolgeva nel nulla più completo. Tra quel campo immenso e il mondo esterno nessun collegamento.
Nessuna linea Internet, niente telefoni. L'unico modo per potersi mettere in contatto con famigliari o amici era quello di salire su una piccola collina a poca distanza dal campo, unica garante di una linea sufficiente all'invio di pochi messaggi WhatsApp.. IL MOSÈ DEL DESERTO DI ICA. Sveglia alla mattina attorno alle sei. Una veloce colazione, la preparazione del pranzo al sacco (qualche pomodoro, una cipolla, tonno e pane. Poi ciascuno con la propria macchina in punti diversi del deserto, a ognuno un compito: qualcuno si sarebbe dedicato alla ricerca vera e propria di nuovi fossili, altri al rilevamento geologico e altri ancora alla raccolta di campioni di suolo da studiare in Italia nelle proprie università.. Con i ricercatori italiani un personaggio unico, il Mosè del deserto di Ica. La barba lunga, i vestiti mimetici, la sigaretta quasi sempre in bocca, Mario Urbina Schmitt, geologo peruviano, da quarant'anni va alla ricerca, quasi sempre in solitaria, di fossili di ogni tipo. Una volta raggiunto il traguardo di una nuova scoperta, ne memorizza la posizione per poi riportarla ai ricercatori desiderosi di studiarli in modo approfondito.. VOLTI COME MASCHERE DI POLVERE. Abbiamo vissuto con i geologi italiani i tentativi di estrarre i fossili dal terreno desertico, a volte riuscendo nell'intento, altre volte lasciando la scoperta proprio lì, dove si trovava da milioni se non decine di milioni di anni, perché la roccia risultava troppo dura per estrarre il fossile.
È stata una vera avventura: più di una volta i fuoristrada si sono insabbiati, per la totale assenza di piste e punti di riferimenti, dopo ore di guida, spesso ci si è chiesto dove fossimo arrivati. A differenza del GPS, tante volte venuto in nostro aiuto, il forte vento non ha reso le cose più facili.
Dopo che la nebbia arrivata dall'Oceano Pacifico si diradava, il vento cominciava a soffiare fin dalle prime ore del mattino. L'intensità era tale che spesso si era costretti a gridare per parlarsi e capirsi anche a pochi metri di distanza l'uno dall'altro. Con la sabbia alzata dalle folate, anche la polvere. Molto fina entrava nei vestiti, nelle macchine fotografiche, nell'attrezzatura utile a girare il documentario, compreso il drone che avevamo al seguito. I nostri volti erano spesso ridotti a curiose maschere di granelli. . ALLA RICERCA DEL PERUCETUS. Durante i giorni della nostra permanenza al campo abbiamo avuto modo di scoprire insieme ai ricercatori nuovi fossili e addirittura una piccola tomba lasciata da persone che un tempo, dal mare, andavano verso l'interno del Perù: a volte morivano di stenti nel deserto e venivano quindi seppelliti sul posto.
Uno degli scopi della missione scientifica era quella di verificare la presenza di ulteriori reperti del Perucetus. Negli scorsi anni erano state rinvenute numerose vertebre che abbiamo avuto modo di osservare e commentare con i ricercatori stessi al Museo di Storia Naturale di Lima.
L'obiettivo della nuova spedizione ora era quello di trovare la testa dell'animale. Per questo è stata fatta arrivare nel cuore del deserto, là dove erano state trovate le vertebre, un gigantesco escavatore che avrebbe agito nel punto della collina dove si pensava si sarebbe trovata anche la testa.
I lavori di scavo si sono imbattuti però su una grossa faglia: la frattura nella roccia poteva aver dislocato la testa dell'animale dal posto in cui si trovava in origine. E addirittura frantumarla con il movimento. Nonostante questo la decisione è stata quella di continuare nel lavoro di ricerca, il tentativo continuerà per i prossimi anni.. LA MAGIA DEL CIELO. Durante i giorni di permanenza al campo abbiamo avuto anche la possibilità di osservare il cielo del deserto di Ica. Quasi un ritorno al passatto che ci ha permesso di capire quello che gli uomini di secoli fa avevano il privilegio di guardare, sia in Perù che in Italia, grazie all'assenza totale di inquinamento luminoso.
La fortuna di quei giorni ci ha regalato anche l'osservazione di un'eclissi di Luna parziale. Un momento magico in quello stesso deserto in cui ci siamo chiesti cosa avranno mai pensato gli uomini di un tempo di fronte allo stesso fenomeno. Quando senza alcuna conoscenza scientifica lo stupore si mescolava a una buona dose di mistero..