NASA ripensa il futuro della presenza umana nello spazio

In un'epoca di transizione per l'esplorazione spaziale, la NASA si trova di fronte a una decisione cruciale

NASA ripensa il futuro della presenza umana nello spazio

In un'epoca di transizione per l'esplorazione spaziale, la NASA si trova di fronte a una decisione cruciale riguardo al futuro della presenza umana nell'orbita terrestre bassa (LEO). Durante il recente Congresso Astronautico Internazionale a Milano, Pam Melroy, vice amministratore della NASA, ha sollevato quello che ha definito "l'elefante nella stanza": cosa significa veramente una "presenza umana continua" nello spazio dopo il ritiro della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) previsto per il 2030?

Questa domanda, apparentemente semplice, nasconde implicazioni profonde per il futuro dell'esplorazione spaziale e della ricerca in microgravità. Da un lato, c'è il desiderio di mantenere una "presenza continua", che significherebbe avere astronauti costantemente in orbita, come è stato fatto sulla ISS dal 2000. Questa opzione garantirebbe continuità nella ricerca scientifica e manterrebbe una posizione di prestigio per gli Stati Uniti nello spazio.

Dall'altro lato, emerge il concetto di "capacità continua" (continuous capability), che permetterebbe una maggiore flessibilità. Questa opzione potrebbe prevedere periodi in cui non ci sarebbero astronauti in orbita, ma si manterrebbe la capacità di inviare equipaggi quando necessario. Questa strategia potrebbe adattarsi meglio alle prime fasi di sviluppo delle stazioni spaziali commerciali, che potrebbero inizialmente avere risorse limitate.


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