Nessun onere motivazionale per l’accesso del consigliere comunale

lentepubblica.it Approfondimento, a cura dell’Avvocato Maurizio Lucca, su una sentenza del TAR Campania che  riguarda l’assenza di onere motivazionale per l’accesso del consigliere comunale. Il diritto di accesso del consigliere comunale trova la propria base giuridica nell’art. 43, comma 2 del d.lgs. n. 267 del 2000 (TUEL), quale diritto pieno ad acquisire le «notizie e le […] The post Nessun onere motivazionale per l’accesso del consigliere comunale appeared first on lentepubblica.it.

Nessun onere motivazionale per l’accesso del consigliere comunale

lentepubblica.it

Approfondimento, a cura dell’Avvocato Maurizio Lucca, su una sentenza del TAR Campania che  riguarda l’assenza di onere motivazionale per l’accesso del consigliere comunale.


Il diritto di accesso del consigliere comunale trova la propria base giuridica nell’art. 43, comma 2 del d.lgs. n. 267 del 2000 (TUEL), quale diritto pieno ad acquisire le «notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato», essendo tenuti al segreto nei casi previsti dalla legge [1], segnando inesorabilmente una prospettiva estesa del diritto, avuto riguardo all’insieme delle norme che direttamente o indirettamente giustificano e legittimano all’attualità dell’esercizio.

Il diritto di accesso del consigliere comunale

La ratio della norma, che vale a qualificare le peculiarità di tale diritto di accesso riposa nel principio democratico correlato al riconoscimento delle Autonomie locali (ex art. 114 Cost.) e della rappresentanza politica spettante ai componenti degli organi elettivi: un diritto direttamente funzionale non tanto all’interesse del consigliere comunale in quanto tale, ma alla cura dell’interesse pubblico connessa al munus e al mandato conferito, in quanto preordinato al controllo dell’attività e dei comportamenti degli organi decisionali dell’ente.

In effetti, con il riferimento normativo alla “utilità” della pretesa ostensiva non va acquisito nel senso restrittivo della stretta connessione con l’attività espletata (o da espletare) nell’esercizio dell’attività di componente del Consiglio, ma in quello, lato, della strumentalità rispetto alla valutazione degli interessi pubblici, anche in funzione di generico controllo.

L’approdo valoriale comporta inevitabilmente (nel senso di dare un senso compiuto/utile alla fonte primaria, non comprimibile da una norma secondaria di natura regolamentare interna) che l’esercizio del diritto non è soggetto ad alcun onere motivazionale, ex artt. 3 e 22 della legge n. 241/1990: diversamente tale giustificazione si risolverebbe, con inversione funzionale, in una sorta di controllo dell’ente, attraverso i propri uffici, sull’esercizio del mandato politico: un abnorme percezione del ruolo (oltre ogni funzione non dotata di alcuna base normativa, ossia di competenza, ex art. 97 Cost.).

Eventuali limiti si possono rinvenire nel principio di strumentalità, inerenza e proporzionalità [2], ovvero l’esercizio del diritto deve avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici e non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche, ovvero meramente emulative o di disturbo (c.d. abuso del diritto), che si traducano in un sindacato generale, indifferenziato e non circostanziato sull’attività amministrativa, fermo restando che la sussistenza di tali caratteri deve essere attentamente e approfonditamente vagliata in concreto al fine di non introdurre surrettiziamente inammissibili limitazioni al diritto medesimo [3].

La sentenza

La sez. VIII Napoli, del TAR Campania, con la sentenza 27 marzo 2025, n. 2596 (Est. Palmarini), celebra nella sua sinteticità, chiarezza, sostanzialità, il diritto di accesso del consigliere comunale: una pretesa di trasparenza nell’esercizio di una funzione elettiva di sindacare l’operato dell’Amministrazione, espressione del sistema democratico di rappresentanza del popolo (c.d. mandato), distinguendosi – in tema di legittimazione – dal diritto di accesso documentale, dove ogni ostacolo deve trovare puntuale riscontro in una norma preclusiva, non potendo bilanciare l’onere motivazionale, se non censurando – indebitamente – l’esercizio del diritto, insito nella carica ricoperta.

Fatto

Un consigliere comunale chiede all’Amministrazione gli atti (documentazione di gara e contratto sottoscritto) di affidamento del servizio di illuminazione votiva.

L’Amministrazione non avendo dato riscontro propone ricorso volto all’annullamento del diniego, maturato per silentium e all’accertamento del diritto di accesso alla suddetta documentazione, con conseguente condanna dell’Ente agli adempimenti consequenziali.

Merito

Il ricorso risulta fondato, con condanna alle spese (silenzio inadempimento e relativa ipotesi di danno erariale, ex comma 8, dell’art. 2, della legge n. 241/1990), con le seguenti motivazioni:

  • l’art. 43 del TUEL (come noto) ha una portata molto più ampia rispetto a quello generalmente previsto dall’art. 22, della legge n. 241 del 1990 e ciò con riguardo sia alla legittimazione, sia al contenuto della pretesa ad accedere ai documenti amministrativi, sia, infine, all’assenza di particolari obblighi di motivazione e/o formalità [4];
  • inoltre nessuna limitazione può derivare al diritto d’accesso del consigliere comunale agli atti del Comune, qualunque sia il loro destinatario, dalla natura riservata delle informazioni richieste essendo per legge vincolato al segreto d’ufficio [5];
  • poi, sul consigliere comunale non può gravare alcun particolare onere di motivare le proprie richieste di accesso ai documenti, atteso che, diversamente opinando, sarebbe introdotta una sorta di controllo dell’ente, attraverso i propri uffici, sull’esercizio delle sue funzioni.

Alla luce del quadro normativo ed esegetico, il ricorso deve essere accolto con conseguente accertamento del diritto all’ostensione, per effetto del quale l’Amministrazione dovrà consentire l’accesso, previo rimborso del costo di riproduzione e dei diritti di ricerca e visura, della documentazione richiesta con l’istanza di accesso di cui trattasi nel termine di giorni trenta decorrente dalla comunicazione o, se a questa anteriore, dalla notificazione della decisione.

Orientamenti

La sentenza non merita alcun commento oltre, allineandosi ad altrettanto chiaro orientamento ministeriale [6], dove dopo aver richiamato il principio pacifico per cui l’accesso agli atti da parte dei consiglieri comunali, che costituisce strumento di controllo e verifica del comportamento dell’Amministrazione, finalizzato all’espletamento del mandato, precisa che una volta venute meno le esigenze di differimento e terminata la procedura con la scelta dell’aggiudicatario, si apre una fase conoscitiva degli atti di gara in cui i partecipanti possono avere contezza delle dichiarazioni rese dagli altri concorrenti in sede di presentazione delle offerte e delle valutazioni sulla base delle quali la stazione appaltante ha fatto la sua scelta.

Pertanto, con particolare riferimento all’accesso agli atti di gara da parte dei consiglieri comunali, il divieto di divulgazione e riservatezza – previsto inizialmente dall’art.13 del d.lgs. n. 163/2006, il cui contenuto è stato successivamente riportato nell’articolo 53, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016 e oggi riprodotto nel vigente articolo 36, comma 2, del d.lgs. n. 36/2023 – prevede che i consiglieri comunali mantengano una posizione differenziata in ossequio proprio al riconosciuto ruolo di controllo e di garanzia.

In virtù dell’articolo 43 del TUEL possono accedere ad atti per i quali è generalmente precluso ai terzi l’esercizio del diritto di accesso per ragioni di riservatezza e che il diritto dei consiglieri comunali, essendo tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge, possono accedere agli atti di gara se necessari al corretto esercizio della funzione, tenendo sempre presente il principio del ragionevole bilanciamento dei rapporti tra diritti.

Aggiunge, altresì, che:

  • il differimento dell’accesso non può trovare applicazione quando sia intervenuta l’aggiudicazione [7];
  • la tutela dei segreti tecnici o commerciali deve risiedere inderogabilmente nel dovere di segretezza cui sono tenuti i consiglieri comunali, nonché nel principio di ragionevole bilanciamento configurabile tra il diritto all’accesso ed il diritto alla riservatezza aziendale di derivazione giurisprudenziale, da ritenersi, alla luce dell’art. 35, comma 4, lett. a) del Codice dei contratti, applicabile anche all’accesso agli atti da parte dei consiglieri comunali.

Nessun abuso del diritto (memoria tenetis) ma esercizio lecito del diritto.

Note

[1] La dialettica tra il diritto/dovere del consigliere regionale di conoscere atti in possesso dell’Amministrazione, nell’ambito dell’esercizio del suo fondamentale ruolo di controllo politico dell’attività della PA in un contesto di democrazia partecipata e partecipativa, e la riservatezza che la Legge impone di osservare rispetto a documentazione in relazione alla quale entrano in gioco interessi contrapposti si risolve in favore della seconda in tutti quei casi in cui il sindacato (cui rimanda la richiesta di accesso) non sia relativo ad atti dell’ente di appartenenza dell’istante, laddove, in ogni caso, le disposizioni primarie e secondarie consentono di negare l’accesso per la tutela di contrapposti (e superiori) interessi dell’Amministrazione e di soggetti terzi, Cons. Stato, sez. III 13 gennaio 2025, n. 171.

Una volta acquisiti al protocollo generale dell’ente, gli atti non possono assumere la natura di “strettamente personale”, e, quindi, possono essere rilasciati al consigliere comunale, essendo vincolato al segreto d’ufficio, TAR Abruzzo, Pescara, sez. I, 7 maggio 2012, n. 190.

[2] Cfr. Cons. Stato, sez. V, 11 marzo 2021, n. 2089, ove si osserva che il diritto di accesso del consigliere comunale è sottoposto alla regola del ragionevole bilanciamento propria dei rapporti tra diritti fondamentali e che un equilibrato bilanciamento si può realizzare attraverso, per esempio, l’ostensione di tutti gli atti richiesti, previa “mascheratura” di dati sensibili.

[3] Cons. Stato, sez. V, 28 marzo 2023, n. 3157 e 12 febbraio 2013, n, 846, idem TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 29 marzo 2021, n. 298.

[4] TAR Trentino Alto Adige, Trento, sez. I, 12 ottobre 2012, n. 305, idem Cons. Stato, sez. V, 17 settembre 2010, n. 6963.

[5] Cons. Stato, sez. V, 8 settembre 2011, n. 5053.

[6] Ministero Interno, Territorio e autonomie locali.19 Febbraio 2025, Categoria 05.02.06, Diritto di accesso, dove si sintetizza che «il consigliere può accedere agli atti detenuti dagli uffici comunali, se necessari al corretto esercizio della funzione, anche qualora trattasi di atti di gara».

[7] Infine risulta illegittimo il provvedimento di differimento dell’esercizio del diritto di accesso assunto nei confronti di un’istanza proposta da un consigliere comunale riguardo gli atti di una procedura concorsuale non ancora conclusa. Infatti, gli unici limiti al diritto di accesso dei consiglieri comunali e provinciali si rinvengono nel principio di strumentalità, inerenza e proporzionalità, nel senso che l’esercizio del diritto deve avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici e non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche ovvero meramente emulative o di disturbo, che si traducono in un sindacato generale, indifferenziato e non circostanziato sull’attività amministrativa, fermo restando che la sussistenza di tali caratteri deve essere attentamente e approfonditamente vagliata in concreto al fine di non introdurre surrettiziamente inammissibili limitazioni al diritto medesimo, TAR Lazio, Latina, sez. I, 20 maggio 2024, n. 352.

The post Nessun onere motivazionale per l’accesso del consigliere comunale appeared first on lentepubblica.it.

Qual è la vostra reazione?

like

dislike

love

funny

angry

sad

wow