Panama. Washington torna a controllare il Canale

Aprile 12, 2025 - 17:30
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Panama. Washington torna a controllare il Canale

di Giuseppe Gagliano –

Dietro l’apparente cooperazione militare tra Panama e Stati Uniti, annunciata lo scorso 10 aprile con la firma di un memorandum d’intesa a Panama City, si cela il ritorno di un’egemonia strategica che, almeno formalmente, sembrava consegnata alla storia. L’accordo, sottoscritto dal ministro panamense della Pubblica Sicurezza Frank Alexis Abrego e dal segretario alla Difesa USA Pete Hegseth alla presenza del presidente Jose Raul Mulino, prevede l’accesso delle forze armate statunitensi a basi storiche come Rodman, Howard e Fort Sherman. Strutture già utilizzate dagli americani ai tempi del protettorato informale sull’istmo e che oggi, pur restando sotto amministrazione panamense, verranno rimesse a disposizione di Washington per addestramenti, esercitazioni e missioni “umanitarie”.
La retorica ufficiale parla di cooperazione e lotta comune contro minacce indefinibili, ma le parole di Hegseth a Washington sono inequivocabili: gli Stati Uniti stanno “riprendendo il controllo del Canale”, abbandonato, a loro dire, all’influenza cinese da precedenti amministrazioni. Parole accolte con entusiasmo da Donald Trump e che fanno cadere ogni residuo dubbio sulla natura dell’accordo: non un semplice scambio tra alleati, ma un ritorno dell’“America imperiale” nel cortile di casa.
Nonostante le smentite immediate del Ministero degli Esteri panamense, che ha parlato di “sovranità intangibile” e di presenza militare temporanea, il testo dell’intesa concede ampie libertà al personale statunitense, tra cui la movimentazione di materiali, il dispiegamento di proprietà temporanee e l’organizzazione di visite operative. Nessuna base permanente, formalmente, ma ampio margine per una presenza prolungata e flessibile, senza limiti numerici chiari né controllo effettivo da parte delle autorità panamensi.
Emblematica la vicenda della “neutralità” del Canale: il memorandum prevede un meccanismo di compensazione per i pedaggi delle navi da guerra americane, suscitando dubbi sul rispetto del principio cardine secondo cui tutte le imbarcazioni, di qualsiasi Paese, devono pagare tariffe uniformi. Dubbi rafforzati dalla discrepanza tra le versioni in spagnolo e in inglese della dichiarazione congiunta, con l’omissione, da parte americana, del passaggio sul riconoscimento della sovranità panamense.
Tutto ciò avviene nel quadro di una nuova strategia USA per l’America Latina, segnata da un crescente scontro con la Cina. Dopo le pressioni sul governo panamense per ridimensionare la presenza di Pechino nel settore portuale , culminate con la vendita da parte di CK Hutchison di 43 terminal, tra cui i due di Panama, al fondo americano BlackRock, gli Stati Uniti stanno ristabilendo il controllo economico e militare sull’istmo con metodi che richiamano le logiche della Guerra Fredda.
Panama nel frattempo si trova sospesa tra l’illusione della cooperazione paritaria e la realtà di una dipendenza strategica crescente, destinata a ridefinire gli equilibri regionali in un contesto globale sempre più instabile.

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Redazione Redazione Eventi e News