Pesci e inquinamento da microplastiche: basta poco per danneggiare le cellule

Anzi, "nano" (da 20 nm)

Pesci e inquinamento da microplastiche: basta poco per danneggiare le cellule

L'inquinamento degli ambienti marini e di acqua dolce rappresenta una grossa minaccia per gli abitanti di quegli ecosistemi. A preoccupare di più sono soprattutto i rifiuti plastici, dacché la plastica è così difficile a degradarsi e soprattutto così tossica. Si pensi al polistirene (polistirolo), una delle materie non biodegradabili più comuni e più frequentemente trovate negli organismi marini, che presenta tra l'altro una tossicità significativamente maggiore rispetto ad altri polimeri.

Lo dimostra uno degli ultimi studi ENEA condotto in collaborazione con CNR e Università della Tuscia (Viterbo) e pubblicato sulla rivista Science of the Total Environment: nanoparticelle di polistirene da 20 nanometri, cento volte più piccole di un granello di polvere, causano un danno cellulare maggiore rispetto a quelle da 80 nanometri.

La ricerca è stata effettuata su modelli in vitro (animal free) di orata e trota iridea. "Le particelle di plastica si sono attaccate alle membrane delle cellule, causando cambiamenti visibili nella loro forma e struttura, con tracce già evidenti dopo 30 minuti di esposizione", informa Paolo Roberto Saraceni, ricercatore del Laboratorio ENEA Biotecnologie RED e coautore dello studio. "Solo le nanoplastiche da 20 nanometri – prosegue – hanno danneggiato gravemente le cellule nel tempo, portandole a una morte cellulare programmata (per apoptosi)".


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