"Pronto, abbiamo un dossier": così provarono a interferire sulle nomine di Meloni
Il team di spioni tentava di interferire con le nomine del governo. E grazie alle informazioni riservate rubate, creava falsi dossier per screditare chiunque non fosse gradito al capo, Enrico Pazzali. Era proprio l'ex presidente di Fiera Milano, tra i quattro arrestati, a sfruttare la sua immagine di manager stimato per intromettersi nelle scelte politiche. A usare i giornali per «bruciare» le nomine. E a chiedere di cucinare sempre più dossier alla «banda», coordinata operativamente dall'ex superpoliziotto Carmine Gallo, un servitore dello Stato che, per gli inquirenti, avrebbe rapporti sia con gli 007 che con i servizi deviati, ma anche con la criminalità organizzata, tanto che viene descritto come un soggetto che «ha le "mani in pasta" ovunque e intrattiene rapporti con diverse personalità di rilievo, oltreché con diversi soggetti pregiudicati, anche per associazione mafiosa» ed «è una persona spregiudicata e senza scrupoli». Una «banda», composta da «soggetti che rappresentano un p
Il team di spioni tentava di interferire con le nomine del governo. E grazie alle informazioni riservate rubate, creava falsi dossier per screditare chiunque non fosse gradito al capo, Enrico Pazzali. Era proprio l'ex presidente di Fiera Milano, tra i quattro arrestati, a sfruttare la sua immagine di manager stimato per intromettersi nelle scelte politiche. A usare i giornali per «bruciare» le nomine. E a chiedere di cucinare sempre più dossier alla «banda», coordinata operativamente dall'ex superpoliziotto Carmine Gallo, un servitore dello Stato che, per gli inquirenti, avrebbe rapporti sia con gli 007 che con i servizi deviati, ma anche con la criminalità organizzata, tanto che viene descritto come un soggetto che «ha le "mani in pasta" ovunque e intrattiene rapporti con diverse personalità di rilievo, oltreché con diversi soggetti pregiudicati, anche per associazione mafiosa» ed «è una persona spregiudicata e senza scrupoli». Una «banda», composta da «soggetti che rappresentano un pericolo per la democrazia di questo Paese», scrive il pm, e che puntava a tenere in pugno l'Italia, a suon di dossier.
LE NOMINE DI CHIGI
Pazzali avrebbe personalmente commissionato al team un dossieraggio sui nomi in lizza per il vertice di Cassa depositi e prestiti. Gli hacker si erano introdotti nei telefonini di Giovanni Gorno Tempini, oggi a capo di CdP, e di Guido Rivolta, che lavorava con lui. E il 24 gennaio 2023 l'ex presidente di Fiera Milano aveva chiamato il ministro del Turismo, Daniela Santanché, per tentare di boicottare la nomina di Rivolta nello staff del premier Giorgia Meloni. Pazzali, sfruttando le informazioni del dossieraggio illegale, dice: «Gira la voce che la tua capa eh... Si vuole portare dentro lo staff Guido Rivolta... che è l'uomo fiduciario di Gorno Tempini... è una persona maligna...Proprio brutta, brutta, brutta... È uno che lavora... con tutti... con Bonometti (Marco, imprenditore, ndr) che è un...
nazionalsocialista». Santanchè però non cade nel tranello, taglia corto e lo allontana.
L'ASSEDIO A SILVIO
Nel database del gruppo, che ha esflitrato quasi 109mila file tra atti giudiziari e documenti classificati, c'è anche il dossier «dall'epoca di primo ministro di Silvio Berlusconi, fatto da un carabiniere nostro amico», dice Nunzio Calamucci, l'hacker che falsificava i report e che avrebbe a disposizione un «hard disk contenente 800mila Sdi» e una mole di dati rubati nascosti in «sei, sette milioni di chiavette». Ma a svelare nell'intercettazione il contenuto del report sul Cav è Gallo, che parla di un video hard, uno strumento di ricatto di altissimo valore. «C'ho tutto, questa è una fonte di informazione, tutto il database, tutto il procedimento penale che è mostruoso, di Ruby, il processo e Ruby ter... tutto, quindi ti lascio immaginare, intercettazioni di Berlusconi... Di Ruby c'ho tutto, ma di tutto e di più, le fotografie di quando scopava, la cosa là, la Ruby, il video proprio c'è... che lei che scopa, c'è tutto... più quello che non ho, che devo acquisire!».
MATTARELLA E LA RUSSA
Ci sono il presidente della Repubblica, Sergio Matterella, e quello del Senato, Ignazio La Russa, nella rete dei dossieratori. Il Capo dello Stato è vittima della violazione del suo indirizzo e-mail, che sarebbe stata intercettata in un gruppo denominato «Campo Volo» e utilizzata abusivamente. «L'abbiamo spedita a venti persone, più tre mail, una mail intestata a Mattarella con nome e cognome, che se vanno a vedere l'account è intestato al presidente della Repubblica e non vorrei che gli rompano il cazzo...», dice Calamucci a Gallo. Il dossier su La Russa sarebbe stato chiesto personalmente da Pazzali. «Un amico di vecchia data», lo ha definito il presidente del Senato, che attende gli sviluppi dell'indagine «prima di un giudizio definitivo assai diverso sudi lui». La Russa si è detto «disgustato dal fatto che ancora una volta i miei figli, Geronimo e Leonardo, debbano pagare la "colpa" di chiamarsi La Russa». E chiede di «sapere chi possa aver commissionato il dossieraggio contro la mia famiglia».
GLI 007
«Noi abbiamo la fortuna di avere clienti Top in ltalia... i nostri clienti importanti...contatti tra i servizi deviati e i servizi segreti seri ce li abbiamo, di quelli lì ti puoi fidare un po'di meno, però, li sentiamo, fanno chiacchiere, sono tutte una serie di informazioni». È in questa frase di Calamucci che emergono i rapporti tra gli spioni e gli 007. E la prove dell'esfiltrazione di dati coperti da segreto di Stato è una cartella in una chiavetta Usb, chiamata «Riunione materiale Aisi», oltre a un documento classificato «riconducibile all'Aise», del 2008-2009 sulle «reti del Jihad globale».
LE ACCIAIERIE DANIELI
Spunta infine il caso delle Acciaierie Danieli, che come Erg sarebbero tirati in ballo per investigazioni su dipendenti infedeli. «Acciaierie... cosa facciamo? Là dentro c'è un mio uomo che è quello che gli passa i lavori, gli abbiamo già fatto un lavoro negli Emirati Arabi... questo è in Cina, gli dobbiamo simulare, perché scoprono che... chi prende, chi identifica i fornitori, prende una mazzetta... li mandiamo lì una finta azienda cinese che forgia che ne so, turbine!», dice Calamucci a Pazzali. «Gli dà i soldi», sottolinea il presidente. «E la incastriamo!», conclude quindi l'affiliato.
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