Puglia, il governo impugna la legge sui sindaci candidati: "Incostituzionale"
Il Consiglio dei ministri ha deciso di impugnare la legge di bilancio della Regione Puglia, approvata lo scorso dicembre, ritenendo sette articoli incostituzionali. Tra questi, anche il 219, che disciplina la candidatura dei sindaci alle elezioni regionali, disponendo che i primi cittadini "cessino dalla carica per dimissioni entro 180 giorni prima dello scadere del quinquiennio", cioè 6 mesi prima delle elezioni. Per il governo questa norma viola l'articolo 122 della Costituzione e, in particolare, i "principi costituzionali di ragionevolezza e proporzionalità, in quanto creano una situazione di disparità" prevedendo "un termine molto anticipato" rispetto a quello di presentazione delle candidature (30 giorni prima della votazione) "che potrebbe avere ricadute eccessivamente penalizzanti sul completamento del mandato degli organi di governo comunale". La legge pugliese attuale obbligherebbe il sindaco interessato alla candidatura regionale a "rinunciare a detto ufficio, senza

Il Consiglio dei ministri ha deciso di impugnare la legge di bilancio della Regione Puglia, approvata lo scorso dicembre, ritenendo sette articoli incostituzionali. Tra questi, anche il 219, che disciplina la candidatura dei sindaci alle elezioni regionali, disponendo che i primi cittadini "cessino dalla carica per dimissioni entro 180 giorni prima dello scadere del quinquiennio", cioè 6 mesi prima delle elezioni. Per il governo questa norma viola l'articolo 122 della Costituzione e, in particolare, i "principi costituzionali di ragionevolezza e proporzionalità, in quanto creano una situazione di disparità" prevedendo "un termine molto anticipato" rispetto a quello di presentazione delle candidature (30 giorni prima della votazione) "che potrebbe avere ricadute eccessivamente penalizzanti sul completamento del mandato degli organi di governo comunale".
La legge pugliese attuale obbligherebbe il sindaco interessato alla candidatura regionale a "rinunciare a detto ufficio, senza neppure avere la certezza della effettiva inclusione del proprio nominativo nella lista provinciale che verrà successivamente presentata”. Iter, questo, che determinerebbe "una limitazione dell'esercizio del diritto di elettorato passivo, con non secondarie ripercussioni sulla cessazione anticipata della consiliatura comunale per effetto della rinuncia al mandato da parte del sindaco". "La normativa regionale censurata, in conclusione - si legge nella nota di Palazzo Chigi - non opera un equo bilanciamento tra interessi dei sindaci di arrivare alla naturale scadenza del mandato, assicurando la continuità amministrativa degli enti stessi e delle comunità locali ad avere un governo stabile e conforme agli esiti dell'ultima consultazione elettorale per tutta la durata della consiliatura”.
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