Quell'Italia dei nani che vuole diventare forte
In un'Europa irrilevante nello scenario del credito mondiale, con sole tre banche nelle prime venti (le francesi Bnp Paribas e Credit Agricole e la spagnola Santander), la piccola Italia sventola il vessillo di Intesa Sanpaolo e Unicredit, lontane dal vertice della classifica e impossibilitate a rappresentare ad altissimo livello un Paese che abbia l'ambizione di guidare i destini del Vecchio Continente. Ecco, ambizione è la parola chiave. Negli ultimi anni l'Italia ha abituato se stessa e i partner europei ad un understatement, un basso profilo che non si addice ad un Paese fondatore dell'Unione. L'atteggiamento di supina accettazione delle decisioni partorite dal duopolio Francia-Germania da parte dei governi a trazione Pd (Renzi-Letta-Gentiloni) ma anche, con sommo rammarico di quelli che ci avevano creduto, di SuperMario Draghi, è stato spazzato via dal nuovo protagonismo di Meloni, che ha avviato un'interlocuzione con i vertici di Bruxelles di segno totalmente opposto, trasformand
In un'Europa irrilevante nello scenario del credito mondiale, con sole tre banche nelle prime venti (le francesi Bnp Paribas e Credit Agricole e la spagnola Santander), la piccola Italia sventola il vessillo di Intesa Sanpaolo e Unicredit, lontane dal vertice della classifica e impossibilitate a rappresentare ad altissimo livello un Paese che abbia l'ambizione di guidare i destini del Vecchio Continente. Ecco, ambizione è la parola chiave. Negli ultimi anni l'Italia ha abituato se stessa e i partner europei ad un understatement, un basso profilo che non si addice ad un Paese fondatore dell'Unione. L'atteggiamento di supina accettazione delle decisioni partorite dal duopolio Francia-Germania da parte dei governi a trazione Pd (Renzi-Letta-Gentiloni) ma anche, con sommo rammarico di quelli che ci avevano creduto, di SuperMario Draghi, è stato spazzato via dal nuovo protagonismo di Meloni, che ha avviato un'interlocuzione con i vertici di Bruxelles di segno totalmente opposto, trasformando le debolezze (vedi migranti e patto di stabilità) in moneta di scambio. E a giudicare dalla deflagrante azione di Mps su Mediobanca, con la cabina di regia stabilmente situata a Palazzo Chigi (oggi ritrovano un senso gli incontri della premier con giganti della finanza mondiale come Larry Fink, ceo di BlackRock), anche nel grande risiko bancario europeo il governo è intenzionato a dire una parola forte, sempre nella direzione della protezione dei propri asset rilevanti.
In questo senso, al di là delle congetture di cui sono piene le analisi di queste ore, conviene attenersi ai fatti. Mps, la banca più antica del mondo, storicamente al centro di vicende complesse, è stata completamente risanata sotto il governo Meloni. Dopo il fallimento, è stata trasformata in un gioiello e ora è in grado di muoversi in una direzione ambiziosa. La stessa Bce, non esattamente prodiga di complimenti verso gli istituti di credito nostrani, ha annoverato Mps fra le banche più solide d'Europa. Dalla fusione tra Mps e Mediobanca, poi, nascerebbe un nuovo gruppo più forte ed efficace, un vero e proprio campione in grado di offrire servizi di altissima qualità a clienti, famiglie e imprese. Un soggetto che potrebbe svolgere un ruolo fondamentale a tutela della ricchezza e del risparmio degli italiani. Appunto, la tutela dei risparmi degli italiani, a rischio dopo il matrimonio tra Generali e la francese Natixis, con i 650 miliardi di risparmio gestito tricolore in transito verso la Francia, nonostante le rassicurazioni di Donnet, il ceo del Leone triestino. Controllare questo processo, attraverso Mediobanca, non è un ghiribizzo, è un must per un governo che aspira a passare alla storia, non a vivacchiare nel limbo.
Qual è la vostra reazione?