Report spara contro Alessandro Giuli? Toh, cos'hanno "scordato" Ranucci e i suoi

Non sempre i compagni sbagliano. A volte ci azzeccano proprio. Se Sigfrido Ranucci, assieme ai suoi collaboratori di Report, avesse letto quanto scritto ieri da Il Manifesto, il quotidiano fondato da Lucio Magri e Rossana Rossanda, circa le beghe interne al ministero della Cultura, avrebbe sicuramente confezionato servizio ben diverso da quello andato in onda ieri sera su Rai Tre, dedicato al ministro, Alessandro Giuli. Partendo da una relazione dell'Anac del 2023 (l'Autorità nazionale anticorruzione), supportata da un rapporto ispettivo interno del Mic, il quotidiano Comunista (quella, almeno, è la matrice originaria) racconta come il fenomeno dell'amichettismo, ovvero le nomine fatte «per ragioni amicali o affettive», sia «molto più radicato e pervasivo dei casi finiti nelle cronache politiche degli ultimi mesi». La traduzione del ragionamento fatto dai colleghi de Il Manifesto è semplice, se non addirittura lapalissiana: il fenomeno parte da lontano, quindi abbraccia i governi prec

Report spara contro Alessandro Giuli? Toh, cos'hanno "scordato" Ranucci e i suoi

Non sempre i compagni sbagliano. A volte ci azzeccano proprio. Se Sigfrido Ranucci, assieme ai suoi collaboratori di Report, avesse letto quanto scritto ieri da Il Manifesto, il quotidiano fondato da Lucio Magri e Rossana Rossanda, circa le beghe interne al ministero della Cultura, avrebbe sicuramente confezionato servizio ben diverso da quello andato in onda ieri sera su Rai Tre, dedicato al ministro, Alessandro Giuli.

Partendo da una relazione dell'Anac del 2023 (l'Autorità nazionale anticorruzione), supportata da un rapporto ispettivo interno del Mic, il quotidiano Comunista (quella, almeno, è la matrice originaria) racconta come il fenomeno dell'amichettismo, ovvero le nomine fatte «per ragioni amicali o affettive», sia «molto più radicato e pervasivo dei casi finiti nelle cronache politiche degli ultimi mesi». La traduzione del ragionamento fatto dai colleghi de Il Manifesto è semplice, se non addirittura lapalissiana: il fenomeno parte da lontano, quindi abbraccia i governi precedenti, compreso quello guidato da Mario Draghi, con il dem, Dario Franceschini, titolare del dicastero della Cultura. D'altro canto in quel campo la sinistra ha sempre dimostrato di avere grandi interessi, sostenendo di possedere, per diritto divino, l'egemonia culturale.

 

 

 

Il quotidiano Comunista, e anche in questo caso Report avrebbe avuto materiale interessante sul quale lavorare, tanto per rendere plastica l'idea di quanto sia antico il fenomeno delle nomine considerate “amichettistiche” cita il caso della direzione generale dei Musei che dal 2020 (il ministro era l'esponente del Pd, Dario Franceschini) è guidata da Massimo Osanna. L'ex titolare del dicastero, Gennaro Sangiuliano, non lo ha rimosso dall'incarico per ragioni operative, permettendo al dirigente di mantenere intatto il «sapiente sistema piramidale di nomine». Però il programma di Rai Tre colpisce Giuli.

 

 

 

E siccome il caso fa gola assai, Usigrai e il deputato di Alleanza verdi e sinistra, Nicola Fratoianni, hanno provato a dare l'assalto a Palazzo Chigi, sostenendo che il governo avrebbe visto in anticipo la puntata andata in onda ieri sera. Dopo il pranzo tra la premier, Giorgia Meloni e il ministro Giuli, «per fare il punto sulle future attività del ministero» in un incontro conviviale, Palazzo Chigi ha smentito seccamente l'indiscrezione: «Notizia inventata, Report non lo vediamo quando è in onda, figuriamoci in anteprima». Quanto alla puntata di Rai Tre, a parte le cose note e chiarite (dalla militanza giovanile del ministro a poco altro) il succo era la consulenza da 14mila euro lordi rinnovata da Giuli a Marco Carnabuchi, legale consorte di Francesco Spano.

 

 

 

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