Rispunta il giallo della bici nera: Sempio e il confronto con i testimoni
La pista del doppio killer, tornata alla ribalta con la nuova inchiesta sul Dna di Andrea Sempio nel caso di Garlasco, apre non solo a nuove analisi sulla scena del crimine, ma anche all'approfondimento delle circostanze messe a verbale da alcuni testimoni che, la mattina del 13 agosto 2007, videro strani movimenti attorno alla villetta dove fu uccisa Chiara Poggi. Mentre sono in corso le comparazioni del profilo genetico dell'amico del fratello della vittima, che nei giorni scorsi è stato costretto al prelievo del tampone salivare dopo che il suo Dna sarebbe risultato compatibile con la traccia di cromosoma Y trovato sulle unghie di Chiara, gli inquirenti stanno rileggendo in chiave del tutto nuova i verbali delle prime fasi dell'inchiesta, per trovare un indizio in grado di collegare un altro Dna, Ignoto 2, rimasto con quello di Sempio sui margini ungueali di Chiara. Sebbene il 37enne, indagato per concorso in omicidio abbia giustificato le sue tracce sulla vittima come una con

La pista del doppio killer, tornata alla ribalta con la nuova inchiesta sul Dna di Andrea Sempio nel caso di Garlasco, apre non solo a nuove analisi sulla scena del crimine, ma anche all'approfondimento delle circostanze messe a verbale da alcuni testimoni che, la mattina del 13 agosto 2007, videro strani movimenti attorno alla villetta dove fu uccisa Chiara Poggi. Mentre sono in corso le comparazioni del profilo genetico dell'amico del fratello della vittima, che nei giorni scorsi è stato costretto al prelievo del tampone salivare dopo che il suo Dna sarebbe risultato compatibile con la traccia di cromosoma Y trovato sulle unghie di Chiara, gli inquirenti stanno rileggendo in chiave del tutto nuova i verbali delle prime fasi dell'inchiesta, per trovare un indizio in grado di collegare un altro Dna, Ignoto 2, rimasto con quello di Sempio sui margini ungueali di Chiara.
Sebbene il 37enne, indagato per concorso in omicidio abbia giustificato le sue tracce sulla vittima come una contaminazione da contatto attraverso l'uso dello stesso pc di casa Poggi, gli inquirenti sono convinti che il materiale genetico non si sia depositato per caso, ma sarebbe il frutto di un'interazione con Chiara. Lo stesso vale per l'altra traccia sconosciuta. Si scava dunque nelle decine di testimonianze dell'epoca a caccia di un possibile complice dell'assassino, individuato in via definitiva in Alberto Stasi, il fidanzato di Chiara che però non ha lasciato il suo Dna né sulla vittima né all'interno della villetta, dove poche ore dopo il delitto aveva scoperto il corpo senza vita della 26enne. E tornano così alla ribalta i racconti di alcuni abitanti di Garlasco che, all'ora del delitto, avrebbero visto strani movimenti in via Leopardi.
Tra questi Franca Bermani, la donna che vide una bicicletta nera da donna appoggiata al muretto della casa dei Poggi intorno alle 9 di quel 13 agosto 2007. La bici, non del tutto corrispondente alla descrizione della teste, è uno degli elementi che hanno portato alla condanna di Stasi, il quale avrebbe scambiato i pedali, poi trovati su un modello da uomo, sui quali è stato rinvenuto materiale «altamente cellulato» di Chiara.
Eppure Stasi non era l'unico a possedere una bici nera compatibile con quella delineata dalla Bermani. Un amico della comitiva di Sempio e Marco ammise a sommarie informazioni, il 4 ottobre 2008, di essere andato qualche volta a casa Poggi con una bici simile. E un altro teste, il 27 settembre 2007, si presentò in procura con una storia incredibile. Si tratta di Marco Muschitta, un tecnico del gas di Vigevano, il quale raccontò che la mattina dell'omicidio, tra le 9.30 e le 10, nei pressi di via Pascoli aveva visto «una bicicletta che andava a zig zag», condotta da «una ragazza bionda con i capelli a caschetto che indossava scarpe bianche e con stella blu e un pantalone lungo», la quale «aveva nella mano destra un piedistallo tipo da camino-canna da fucile con in testa una pigna». Insomma, un oggetto presumibilmente coerente con un misterioso «corpo contundente metallico» che, per il medico legale, sarebbe stato usato dall'assassino per sfondare il cranio di Chiara.
Una testimonianza finita su un binario morto, perché lo stesso Muschitta, dopo aver scritto tre pagine, rientrò da una pausa di un'ora e incredibilmente ritrattò tutto, dicendo che quella storia se l'era inventata. Le sue dichiarazioni, che tra l'altro accennavano a Stefania Cappa, la cugina di Chiara che a quell'ora era a casa con la gemella Paola, furono bollate come inattendibili e nessuno le approfondì. Nemmeno quando in un'intercettazione con il padre che gli chiedeva se avesse detto la verità, il tecnico confessava: «Io ho detto quello che ho visto, ho detto "io vi racconto quello che ho visto"». Il genitore replicava: «Loro hanno fatto questo per proteggerti, lo sai?». E Muschitta: «Può darsi». Il padre infine sottolineava: «Sì, sì non ne sono sicuro. L'importante è che tu sia andato a dire quello che sapevi».
Il teste finì poi a processo, e fu assolto, a seguito della denuncia per calunnia di Stefania Cappa, che in quelle settimane era finita sotto i riflettori mediatici insieme a Paola, nonostante le gemelle non fossero mai state indagate. E perfino la madre delle ragazze, Maria Rosaria Poggi, fu vittima di una testimonianza oculare ritenuta non rilevante dai carabinieri: un commerciante l'avrebbe vista al volante del suo mini suv mentre percorreva una strada trasversale alla villetta di via Pascoli tra le 8.15 e le 8.30. Peccato che la donna, quella mattina, era uscita di casa soltanto alle 9.
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