Se la crisi del suolo continua ad avanzare ci saranno fino a 216 milioni di migranti climatici entro il 2050

L’aumento di eventi meteorologici estremi, aggravati dal collasso climatico, sta alimentando una crescita costante delle migrazioni forzate in tutto il mondo.
In questo scenario sempre più instabile, un nuovo rapporto del movimento Salva il suolo accende i riflettori su una crisi silenziosa ma determinante: il degrado del suolo.
Il documento, intitolato “The Nexus of Soil Degradation, Climate Change, and Food Insecurity: A Looming Global Migration Crisis”, prevede che le migrazioni globali potrebbero raddoppiare entro la fine del secolo, spinte dalla combinazione micidiale tra dissesto dei terreni, cambiamento climatico e insicurezza alimentare.
Secondo quanto emerge dal rapporto, il degrado del suolo agisce come un “moltiplicatore di minacce”: non solo amplifica l’impatto degli shock climatici, ma riduce la capacità delle popolazioni di restare dove vivono. La terra diventa improduttiva, perde materia organica, non trattiene più l’acqua né i nutrienti. Quando il suolo muore, anche la stabilità delle comunità si spezza.
«Il nostro rapporto rivela che le fondamenta di comunità stabili si stanno letteralmente erodendo sotto i nostri piedi», si legge nell'analisi di Salva il suolo.
Le proiezioni della Banca Mondiale, raccolte nel documento, parlano di fino a 216 milioni di migranti interni entro il 2050, a causa degli impatti climatici esacerbati dalla cattiva salute dei suoli. Un’escalation che rischia di aggravare ulteriormente le pressioni migratorie su scala internazionale, mettendo a dura prova le capacità di risposta dei governi e delle istituzioni.
Tra le regioni più colpite, l’Africa subsahariana affronta prospettive drammatiche: si stima una riduzione fino al 22% della produzione agricola entro il 2040 e un calo del 50% della resa del mais entro il 2050 in alcune aree. Ma anche in Europa le proiezioni sono preoccupanti. In scenari di emissioni elevate, circa il 15% del continente potrebbe virare verso condizioni climatiche più aride entro la fine del secolo, minando la sicurezza alimentare e la tenuta dei territori.
In tutto il mondo, le superfici coltivabili si stanno impoverendo. Il rapporto denuncia l’espansione di pratiche agricole intensive che svuotano il terreno di materia organica, rendendolo sterile e vulnerabile. Questa perdita di vitalità si traduce in fame, povertà, instabilità, conflitti, migrazioni.
Intanto, sul fronte normativo, un segnale politico importante è arrivato dall’Unione Europea, dove Consiglio e Parlamento hanno raggiunto un accordo provvisorio su una direttiva per il monitoraggio del suolo, nell’ambito della proposta di legge presentata dalla Commissione Ue lo scorso luglio. La direttiva punta a garantire che tutti i suoli europei siano in uno stato sano entro il 2050. Tuttavia, numerose organizzazioni ambientaliste hanno espresso delusione per un testo giudicato troppo debole, che rischia di non affrontare con sufficiente ambizione la portata della crisi.
«Mantenere un suolo sano con un'adeguata quantità di materia organica, idealmente compresa tra il 3% e il 6%, non è solo una questione ambientale; è fondamentale per prevenire le migrazioni forzate – afferma Praveena Sridhar, Cto di Salva il suolo – Quando il suolo perde la sua vitalità, le comunità perdono la loro capacità di resistere alla siccità, i raccolti crollano e le persone sono costrette a spostarsi».
Il movimento sottolinea l’urgenza di un cambiamento radicale nelle politiche globali. Serve una visione integrata che metta la salute del suolo al centro delle strategie di adattamento climatico, di sviluppo e di sicurezza alimentare; il ripristino del suolo dovrebbe diventare una priorità nei finanziamenti per il clima, accompagnato da un forte sostegno agli agricoltori impegnati in pratiche rigenerative.
La crisi del suolo non fa rumore, ma ha conseguenze profonde. Investire nella salute del suolo offre un potente percorso per mitigare gli impatti climatici, garantire la sicurezza alimentare e ridurre in modo significativo le pressioni che determinano la migrazione globale.
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