Si ferma la crescita del menswear italiano: 2024 a -3,6%. Ma tiene l’export

In linea con il resto della filiera fashion, si è chiuso con un segno negativo anche il 2024 del menswear italiano, atteso con un fatturato in calo del 3,6% rispetto all’anno precedente. Le stime sul settore, riassunte nel bilancio preconsuntivo sul 2024, arrivano dall’ufficio studi economici di Confindustria Moda a suggellare l’inizio di Pitti Uomo, […]

Si ferma la crescita del menswear italiano: 2024 a -3,6%. Ma tiene l’export
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In linea con il resto della filiera fashion, si è chiuso con un segno negativo anche il 2024 del menswear italiano, atteso con un fatturato in calo del 3,6% rispetto all’anno precedente. Le stime sul settore, riassunte nel bilancio preconsuntivo sul 2024, arrivano dall’ufficio studi economici di Confindustria Moda a suggellare l’inizio di Pitti Uomo, da oggi 14 gennaio fino a venerdì in corso a Fortezza da Basso per l’edizione numero 107, e più in generale del mese dedicato alla moda maschile.

A pesare sulla performance, la prima con un segno meno dopo tre anni chiusi in trend di crescita (e un primo semestre a +2,7%), un “contesto di grandi incertezze” – spiega la nota pubblicata dalla fiera – costellato da timori ormai noti, dalla minore propensione all’acquisto dei consumatori all’aumento dei costi, passando per il rallentamento delle economie chiave e le tensioni geopolitiche, oltre alle recenti tornate elettorali (quelle europee lo scorso giugno e in seguito quelle statunitensi).

Secondo le stime, il fatturato del menswear italiano (comprensivo di confezione, maglieria esterna, camiceria, cravatte e abbigliamento in pelle) si fermerebbe a quota 11,4 miliardi di euro, rappresentando così il 18,9% della filiera tessile-abbigliamento tricolore. Guardando più da vicino ai singoli micro comparti, nei dodici mesi passati tutti sembrano essere stati interessati da dinamiche negative, eccezion fatta per l’abbigliamento in pelle. In decremento anche il valore della produzione, calata del 4% rispetto al 2023.

Sul fronte delle esportazioni, i dati lasciano emergere come le vendite oltreconfine siano rimaste in territorio positivo, sebbene “con ritmi più contenuti”: previsto infatti per l’export un incremento pari allo 0,6%, che farebbe attestare la quota delle vendite estere a circa 8,9 miliardi di euro. L’incidenza dell’export sul fatturato totale del comparto è dunque ulteriormente potenziato, arrivando a pesare il 77,8 per cento. In flessione, invece, il versante dell’import, con un calo stimato intorno al 6,6% nei dodici mesi e un ammontare delle importazioni di settore a 5,3 miliardi. Di conseguenza, l’attivo commerciale è previsto in miglioramento, con un surplus complessivo da oltre 3,6 miliardi nell’intero anno (contro i quasi +3,2 miliardi del 2023).

Guardando ai primi nove mesi dell’anno si trova riscontro dell’andamento dicotomico di export ed import, rispettivamente cresciuto dell’1% e decresciuto del 7,2 per cento. Per quanto riguarda gli sbocchi commerciali, sia le aree Ue che quelle extra-Ue si sono mantenute in territorio positivo (rispettivamente a +0,9% e +1,2%), considerando come queste ultime rappresentino “il maggior acquirente” per il comparto italiano, pesando il 53,8% del totale. Al contrario, le importazioni hanno registrato una variazione negativa del -4,4% per il mercato Ue e del -9,6% per l’area extra-Ue. Dalla Ue proviene il 47,8% della moda maschile in ingresso nel nostro Paese, mentre l’extra-Ue garantisce il 52,2 per cento.

Nella rosa delle principali destinazioni si conferma prima in classifica la Francia, in crescita del 7,5% nei nove mesi e con una fetta pari al 12,8% del totale, seguita dalla Germania (pari al 10,1% dell’export maschile), nonostante il suo calo del 2,9 per cento. Seguono al terzo posto gli Stati Uniti, in aumento dello 0,6%, che assorbono così il 9,3% dell’export di moda uomo. Grazie a una “decisa crescita”, pari al +30,1%, sale in quarta posizione la Cina.

Volgendo infine lo sguardo ai consumi interni, secondo quanto rilevato da Sita Ricerca per conto di Confindustria Moda, il tessile-abbigliamento nel suo complesso è stato caratterizzato da una dinamica negativa a differenza di quella registrata nella stagione A/I precedente, con una flessione a valore del -3,8% e a volume del -4,7 per cento. Nello specifico della moda maschile, da settembre 2023 a febbraio 2024 il comparto ha registrato una variazione negativa pari al -4,9% rispetto alla precedente stagione invernale (chiusasi a +7,7%), con tutte le categorie merceologiche in contrazione.

“Se guardiamo al 2019, siamo ancora in crescita”, ha commentato riguardo alla congiuntura del settore Antonio de Matteis, presidente di Pitti Immagine, durante la conferenza inaugurale della kermesse fiorentina -. Quindi, nonostante la fase di contrazione, dobbiamo essere fiduciosi e sapere che come abbiamo superato altri momenti supereremo anche questo, e le prospettive per la moda uomo sono positive”.

“Sarà un anno in cui – interviene anche Sergio Tamborini, presidente dell’ormai Confindustria Moda – Federazione Tessile Moda – dovremo ridisegnare il panorama a cui siamo abituati e che si sta rivoluzionando”. 

Intervenuto in videocollegamento anche il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, che ha colto l’occasione per ricordare la convocazione del Tavolo nazionale sul settore moda il prossimo 24 gennaio, per “fare il punto su quanto fatto e quanto ancora da fare il rilancio del settore del made in Italy, annoverato tra i principali per sviluppare la nostra politica industriale”. Tra i temi caldi menzionati, il sostegno alle Pmi, il dibattuto credito d’imposta e l’estensione della cassa integrazione per il comparto.

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