Stefano Massini porta in scena "Mein Kampf", indagine spietata sul potere delle parole 

    Parole che hanno ipnotizzato la massa  Per anni Stefano Massini ha lavorato incrociando la prima stesura del libro-manifesto con i testi e i comizi del Führer oltre che con gli immensi materiali delle Conversazioni di Hitler a tavola raccolte da Picker, Heim e Bormann. E adesso l'artista, unico italiano vincitore di un Tony Award, consegna al palcoscenico uno spettacolo duro ma necessario, in cui "Mein Kampf" emerge in tutta la sua sconcertante portata. Perché queste parole hanno ipnotizzato le masse? Perché la Storia ha mutato direzione su queste pagine? E noi, spettatori del 2024, saremmo davvero impermeabili all'ascesa dal basso di questo profeta della rabbia? Mein Kampf è l'agghiacciante Verbo del Novecento più distruttivo, camuffato dentro la paranoica autobiografia di un invasato. Dal primato della razza all'apoteosi del condottiero, dalla smania per il riscatto alla febbre per la propaganda, va in scena l'impalcatura del nazionalsocialismo, offerto senza filtri da Massin

Stefano Massini porta in scena "Mein Kampf", indagine spietata sul potere delle parole 

 

 

Parole che hanno ipnotizzato la massa  Per anni Stefano Massini ha lavorato incrociando la prima stesura del libro-manifesto con i testi e i comizi del Führer oltre che con gli immensi materiali delle Conversazioni di Hitler a tavola raccolte da Picker, Heim e Bormann. E adesso l'artista, unico italiano vincitore di un Tony Award, consegna al palcoscenico uno spettacolo duro ma necessario, in cui "Mein Kampf" emerge in tutta la sua sconcertante portata. Perché queste parole hanno ipnotizzato le masse? Perché la Storia ha mutato direzione su queste pagine? E noi, spettatori del 2024, saremmo davvero impermeabili all'ascesa dal basso di questo profeta della rabbia? Mein Kampf è l'agghiacciante Verbo del Novecento più distruttivo, camuffato dentro la paranoica autobiografia di un invasato. Dal primato della razza all'apoteosi del condottiero, dalla smania per il riscatto alla febbre per la propaganda, va in scena l'impalcatura del nazionalsocialismo, offerto senza filtri da Massini con lo stile ossessivo, barocco ed enfatico del testo originario, in un millimetrico studio teatrale di ritmi, toni e affondi verbali del dittatore: perché la comprensione del meccanismo è l'unico antidoto al suo replicarsi.

 

Le trappole del linguaggio  Come consuetudine, Massini arriva all'esito scenico finale attraverso un profondo e inesausto lavoro di ricerca, collazione e innesto dei discorsi del Führer, a comporre uno dei più terribili e foschi scorci del Novecento. Mosaico dei codici e delle trappole del linguaggio della propaganda, lo spettacolo, che vede uniti nell'impegno produttivo il Teatro Stabile di Bolzano e il Piccolo, è una riflessione sul potere che ha la parola di tracciare un solco profondo nel terreno della Storia e sul valore radicale e fondativo della democrazia, luogo nel quale la parola si fa dialogo e confronto, smettendo di essere rabbioso, barocco, solitario atto di persuasione, di aggressione, di manipolazione. Un'operazione, quella di Massini, che restituisce all'arena teatrale il suo più adamantino significato civile e politico, catalizzandovi nuovamente lo sguardo e il pensiero della comunità riunita intorno a un'idea: tenere accesa la fiaccola della vigilanza intellettuale e della conoscenza intorno alle molteplici, liquide, forme che le ideologie totalitarie possono assumere, annidandosi negli anfratti oscuri della società, soprattutto laddove le sue maglie si sfilacciano e indeboliscono. 

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