Stop and Search: l’aumento delle perquisizioni su donne e minoranze nel Regno Unito

Aprile 14, 2025 - 06:00
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Stop and Search: l’aumento delle perquisizioni su donne e minoranze nel Regno Unito

L’utilizzo dello stop and search, il potere che permette alla polizia di fermare e perquisire cittadini senza mandato, è da anni al centro del dibattito pubblico nel Regno Unito.

Oggi però, l’attenzione si concentra su una tendenza crescente: l’aumento delle perquisizioni nei confronti delle donne, in particolare quelle appartenenti a minoranze etniche.

Molti casi recenti, tra cui quello raccontato da Shenna D’archeville, mostrano come questo strumento, pensato per contrastare la criminalità, stia generando traumi, sfiducia e accuse di discriminazione.
Mentre le autorità parlano di riforme e nuove linee guida, organizzazioni per i diritti civili e associazioni indipendenti chiedono maggiore trasparenza e un utilizzo più giusto di questo potere.

In questo articolo esploriamo l’origine del problema, l’impatto sociale e le possibili soluzioni per un tema che tocca giustizia, equità e libertà individuale.

Le perquisizioni sempre più frequenti: uno strumento sotto accusa

In tutto il Regno Unito, il numero di donne sottoposte a stop and search da parte della polizia è in netto aumento.
Questo dato preoccupa non solo per le implicazioni legali e sociali, ma soprattutto per le ripercussioni psicologiche e identitarie che colpiscono in modo particolare le donne appartenenti a minoranze etniche e a contesti vulnerabili.

L’organizzazione Inquest, che si occupa di morti legate allo Stato, ha lanciato l’allarme: le perquisizioni, specie se condotte con aggressività o in presenza di bambini, possono causare profondi traumi.
Il fenomeno è inserito in un quadro più ampio fatto di criminalizzazione della povertà, tagli ai servizi sociali e maggiore sorveglianza nei quartieri popolari.

A rendere il quadro ancora più complesso è la crescente percezione che lo stop and search venga applicato in modo razzialmente selettivo, colpendo chi guida auto costose o semplicemente si trova nel “posto sbagliato al momento sbagliato”.

Quando la sicurezza diventa intimidazione: l’esperienza di Shenna D’archeville

Un esempio emblematico è quello di Shenna D’archeville, lavoratrice nel settore dell’accoglienza per minori, fermata nel marzo 2023 a North London.
Stava guidando con il figlio undicenne in auto quando una pattuglia della polizia ha azionato sirene e lampeggianti.

Shenna non si è fermata subito, non avendo capito di essere il bersaglio del controllo. La reazione degli agenti è stata immediata e violenta: uno degli agenti ha aperto con forza la portiera, generando paura e confusione.
Secondo la donna, il fermo è avvenuto unicamente per il colore della sua pelle e per l’auto che stava guidando: una Mercedes.

“Quando vedono una persona nera in una macchina costosa, ti fermano anche senza motivo”, ha dichiarato.
Questa è solo una delle tante testimonianze raccolte da StopWatch, un ente indipendente che monitora gli abusi legati allo stop and search.

La giustificazione fornita dalla polizia? L’aumento dei furti d’auto nella zona. Nessuna irregolarità è stata riscontrata nei controlli effettuati.
Una scena che, purtroppo, molte donne nere e asiatiche nel Regno Unito conoscono fin troppo bene.

Il problema sistemico dello stop and search

Secondo l’Assistant Chief Constable Andrew Mariner, del National Police Chiefs’ Council, l’intera procedura di fermo e perquisizione è attualmente sotto revisione.
L’obiettivo è migliorare la formazione degli agenti, in collaborazione con il College of Policing, e allineare la pratica a criteri più sensibili e rispettosi della dignità delle persone.

Tuttavia, diversi enti e associazioni per i diritti civili evidenziano che, nonostante le intenzioni dichiarate, nella pratica lo stop and search resta uno strumento controverso.
Nato per contrastare armi e droga, viene spesso usato in modo discrezionale e in aree a forte presenza di minoranze.

Anche il Home Office ha commentato il fenomeno, definendolo “un’arma cruciale contro la criminalità”, ma ha sottolineato la necessità che venga applicato in modo giusto, equo e trasparente.
Le statistiche più recenti, però, mostrano che le donne nere hanno molte più probabilità di essere fermate rispetto alle donne bianche, a parità di condizioni.

Questa disparità alimenta un circolo vizioso di sfiducia verso le forze dell’ordine, in particolare tra i giovani e le donne di colore.

Impatto psicologico e sociale: cosa accade dopo il controllo?

Essere fermati dalla polizia è, per molti, un’esperienza stressante.
Ma nel caso di donne vittime di abusi passati, o madri con bambini a bordo, la situazione può diventare profondamente destabilizzante.

Deborah Coles di Inquest ha dichiarato che l’uso della forza in questi contesti “può scatenare traumi latenti” e lasciare segni duraturi, soprattutto quando la persona fermata è innocente.

Molte vittime raccontano di provare vergogna, rabbia e impotenza, soprattutto quando il controllo avviene in luoghi pubblici.
La stigmatizzazione sociale che ne deriva, spesso invisibile, si somma a un già fragile equilibrio economico ed emotivo.

Questo tema si inserisce nel più ampio dibattito sulla criminalizzazione della marginalità: povertà, disuguaglianza e mancanza di accesso a risorse legali diventano aggravanti che rendono certe persone “più perquisibili” di altre.

Una dinamica che sposta l’attenzione dalla prevenzione del crimine al controllo sociale, con effetti evidenti sulla coesione comunitaria.

Le riforme possibili e il ruolo della cittadinanza

Il governo britannico ha dichiarato di voler “valutare tutte le opzioni per migliorare la trasparenza e la responsabilità” nell’uso dello stop and search.
Ma per molte associazioni, non basta. Servono dati pubblici più dettagliati, meccanismi di denuncia accessibili, e soprattutto una maggiore formazione etica per chi opera sul campo.

Alcuni suggeriscono di introdurre corpi indipendenti che supervisionino i controlli effettuati, garantendo un punto di vista esterno e imparziale.

Anche la tecnologia può aiutare: le body cam, se correttamente usate, permettono di registrare le interazioni e prevenire abusi.

La cittadinanza ha un ruolo fondamentale: documentare, segnalare, sostenere chi subisce queste dinamiche e pretendere riforme reali.
Il diritto alla sicurezza non può mai sostituirsi al diritto alla dignità.

Come sottolinea il team di Liberty (associazione per i diritti civili), “una società davvero sicura è quella in cui nessuno ha paura della propria polizia”.


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