The Substance il film con Demi Moore torna al cinema: un body horror disturbante sull'estetica e il potere dell’immagine
The Substance, il film scioccante di Coralie Fargeat sul terrore moderno legato...
The Substance, il film scioccante di Coralie Fargeat sul terrore moderno legato all'invecchiare torna al cinema
Dopo aver vinto quel Golden Globe 2025 che la proietta verso l'Oscar, Demi Moore il 6 febbraio torna al cinema con The Substance, il film di Coralie Fargeat (già regista del sanguinoso Revenge con Matilda Lutz), un body horror 2.0, diventato già di culto nel suo genere, visionario e femminista, estremo e stordente, in cui raccontare di bellezza, ego smisurato, di protocolli invasivi, di trasformazione e deformazioni (stile David Cronenberg-Videodrome o La cosa di John Carpenter, il recente punk Titane), da sopportare e combattere, per rimanere sull’onda del successo e farsi accettare (?) da chi ha smesso di desiderarci e di vederci com’era una volta.
Meryl Streep e Goldie Hawn c’avevano provato in La morte ti fa bella: inseguire l’eterna giovinezza per rimanere ancorati ad una società che non accetta l’invecchiamento, e preferisce vederci sempre belli e perfetti. Zemeckis allora costruì una commedia universale, ma sempre all’interno di alcuni canoni brillanti, meno invasivi. Ora però al Fargeat con The Substance ci trascina oltre i limiti, in una pellicola indubbiamente più scioccante, grottesca e divertente, che al Festival di Cannes 2024, dove fu presentata in anteprima, si meritò 11 minuti di applausi.
The Substance, la recensione di Vogue Italia
Demi Moore, arrivata ieri sulla Croisette, gioca la carta dell’ennesima svolta artistica in uno dei suoi suoli maggiormente ambiziosi, inediti e coraggiosi accettati. Qui interpreta infatti una star del fitness televisivo, Elizabeth Sparkle, una sorta di Jane Fonda d’altri tempi, protagonista di un programma seguitissimo, “Pump It Up”, in cui tramite l’aerobica, miete seguaci e appassionati. Ma la sua stella (la vediamo all’inizio essere posizionata nella famosa Walk of Fame tra le celebrità) sembra però destinata ad eclissarsi. Serve infatti un ricambio allo show, lei non è più (vista l’età) in linea con le aspettative del viscido produttore (Dennis Quaid). Game over.
Ogni certezza sembra crollare, in vista di un allontanamento catodico, a cui non può lei stessa rinunciare, poiché (l’immagine) è la forza che ne alimenta la sopravvivenza quotidiana. In maniera anonima, si ritrova in tasca un numero di telefono per contattare un numero, a cui, in un momento di disperazione, risponde una voce (non vedremo mai il volto) a capo di un’organizzazione che può fornirle comunque una speranza. Cosa fare? Accettare un programma protocollare, The Substance, e le sue relativi istruzioni, per potenziare e migliorare il proprio corpo tramite una serie di passaggi e attrezzature, aghi, siringhe, liquidi fosforescenti, prodotti alimentari indecifrabili. Tutto per ritrovare un nuovo sé, senza però abbandonare il vecchio.
Significa che dopo la prima iniezione, qualcosa di mostruoso accade: il suo corpo si lacera, aprendosi sulla schiena. Da lì esce Sue, una ragazza più giovane e sexy (Margaret Qualley)_ è l’incarnazione della perfezione, la pillola umana ed esistenziale, che potrà “sostituirla”, al massimo per una settimana, cercando di raggiungere la vetta e fama. Entrambe si alimentano reciprocamente, la nuova arrivata viaggia nel mondo, l’altra rimane in letargo sdraiata in bagno. Una sorta di Dott.ssa Jekill e Miss Hyde, a fasi alterne, che provano a rimanere in gioco, tra sogni, incubi, distorsioni della realtà.
Qualcosa (qualcuno) deve però prevalere, la competizione tra le due è imminente, c’è una fusione di (ultra) corpi pronta a esplodere, a tirarsi in faccia sangue e budella, a mostrarci cosa (ci) può portare l’esasperazione estetica e smisurata.
Una lotta contro una società balorda e maschilista, a cui dare semplicemente quello che vogliono, o forse no. Una lotta, il cui epilogo (da star) è lacerante, disarmante, sconvolgente e disturbante, oltre il dovuto, oltre le aspettative. Non è un film da bollare o classificare, semmai sedimenta in noi a dosi la sua trasgressione, dipendenza e provocazione.
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