Trump: “Dazi al 20% sulle importazioni europee”. La moda italiana si appella alle istituzioni comunitarie

Aprile 4, 2025 - 13:34
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Trump: “Dazi al 20% sulle importazioni europee”. La moda italiana si appella alle istituzioni comunitarie
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Alle merci dell’Unione europea importate negli Stati Uniti verranno applicati dazi pari al 20 per cento. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha così svelato ieri notte, le 16 oltreoceano, più nel dettaglio le tassazioni annunciate da mesi nel corso di una conferenza stampa nel Giardino delle rose della Casa Bianca e che entreranno in vigore tra il 5 e il 9 aprile. “Oggi è il giorno della liberazione” – ha dichiarato – “giorno ricordato come quello in cui abbiamo reso l’America di nuovo ricca”, ricordando come gli Stati Uniti siano stati “saccheggiati” e questo, promette, “non accadrà più”.

“L’Unione europea, i nostri amici, ci hanno rubato del denaro”, ha dichiarato nel corso della conferenza stampa, reggendo un tabellario sui dazi che verranno applicati Paese per Paese. “Loro – ha aggiunto – (applicano, ndr) il 39%, noi faremo il 20%”, ha aggiunto. Nei confronti della Cina i dazi statunitensi saranno al 34%, “la metà di quello che fanno loro”. In generale, Trump ha spiegato il meccanismo delle tassazioni reciproche, ovvero che gli Stati Uniti imporranno la metà dei dazi che i diversi Paesi prevedono già nei confronti del Paese a stelle e strisce. La base minima di tassazione sarà del 10 per cento.

Lo stesso schema del 50% della reciprocità è stato annunciato per altri Paesi dal presidente Usa. Nei confronti della Gran Bretagna verranno applicati dazi del 10%, del 24% per il Giappone, del 46% per il Vietnam, del 32% per Taiwan, del 10% per il Brasile, del 30% per il Sudafrica, del 31% per la Svizzera, del 49% per la Cambogia. Il nuovo regime partirà sabato 5 aprile (alle 6 ora italiana) con i dazi del 10%, mentre quelli più elevati attenderanno fino a mercoledì 9 aprile. Intanto, da mezzanotte ora locale sono già scattatati i dazi attesi al 25% per le auto straniere. Il presidente ha inoltre aggiunto che il nuovo assetto contribuirà a generare “migliaia di miliardi di dollari che utilizzeremo per ridurre le tasse e ripagare il nostro debito pubblico”.

Le stime elaborate dai consulenti della Casa Bianca, in effetti, tratteggiavano per il governo a stelle e strisce entrate intorno ai 6 trilioni di dollari con le nuove tassazioni. Al contempo, però, stimava Moody’s, in un simile scenario il tasso di disoccupazione rischia di subire un’impennata oltreoceano, salendo al 7,3%, mentre il Pil calerebbe dell’1,7% pena un trend di recessione per l’intera economia mondiale.

Si sono avverati, dunque, i timori dell’Unione europea e dell’Italia in particolare, con il settore tessile e moda particolarmente allarmato di fronte alla prospettiva di una guerra dei dazi. Dalle istituzioni di Bruxelles è arrivato questa mattina il primo commento, improntato alla durezza, di Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, attualmente a Samarcanda, in Uzbekistan, dove nelle prossime ore avrà luogo il primo vertice tra Ue e Asia centrale: “Stiamo già ultimando il primo pacchetto di contromisure in risposta alle tariffe sull’acciaio e ora ci stiamo preparando per ulteriori contromisure per proteggere i nostri interessi e le nostre attività se i negoziati falliscono”. Aggiungendo poi: “Voglio dire una cosa. So che molti di voi si sentono delusi dal nostro più vecchio alleato. Dobbiamo prepararci all’impatto che avremo inevitabilmente. Ma l’Ue ha tutto ciò di cui ha bisogno per superare la tempesta. E l’unità è la nostra forza. Noi saremo sempre dalla parte di chi si vede i propri diritti danneggiati”.

In Italia ha commentato anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, definendo i dazi appena introdotti – nonostante la vicinanza dimostrata all’amministrazione Trump – “una misura sbagliata”, che “non conviene a nessuna delle parti”. Proseguendo, nel ribadire la strategia dialogica portata avanti finora dal governo: “È necessaria una risposta basata su un approccio pragmatico e sul dialogo. Serve un negoziato costruttivo, con la schiena dritta, che tenga conto delle preoccupazioni Usa ma tuteli i sacrosanti interessi europei. Il Governo non lascerà indifeso il sistema produttivo italiano, lavoreremo alla diversificazione dei mercati di sbocco dei nostri prodotti, come indicato dal piano d’azione per l’export”. Intanto, in Francia, il presidente Macron ha già convocato per questo pomeriggio i rappresentanti delle filiere interessate dalle nuove misure tariffarie.

Si confermano anche le preoccupazioni del settore moda, dal tessile-abbigliamento agli accessori. “Il nostro settore, già messo a dura prova da difficoltà economiche e incertezze geopolitiche – ha commentato Giovanna Ceolini, presidente di Confindustria Accessori Moda – non può permettersi un ulteriore ostacolo: per questo confidiamo in un intervento tempestivo ed efficace delle istituzioni europee per proteggere il futuro delle nostre imprese e dei nostri lavoratori. Speriamo che, attraverso le negoziazioni a cui lo stesso Trump ha accennato, la situazione possa trovare una soluzione”. Nonostante la contrazione del 3,5% delle esportazioni nel 2024, e una flessione di tutti i singoli segmenti di accessori fashion, gli Usa restano un mercato chiavo che l’anno precedente è valso in export quasi 3 miliardi di euro. Ancora di più lo è per il tessile-moda, per il quale ha rappresentato – nonostante un segno negativo, ma che ha accompagnato un calo più contenuto (-0,7%) – il terzo mercato d’esportazione.

Indubbiamente le tariffe “reciproche” sono state – concordano mercati e banche – “più alte del previsto”, sottolinea in particolare Barclays. Che aggiunge di aspettarsi una dinamica che vedrà i brand rifarsi sul consumatore finale, aumentando i prezzi per compensare gli onere delle nuove tariffe. Dinamica che preoccupa universalmente tutti i segmenti, verosimilmente meno il lusso. “Tra i settori impattati, l’alimentare e il beverage ed i beni di lusso – hanno commentato gli analisti di Intermonte, riporta Il Sole 24 Ore – dove vediamo però maggiore resilienza legata alla minore elasticità della domanda al prezzo ed alla possibilità dei clienti di sostituire parzialmente gli acquisti nel paese con quelli effettuati all’estero. Esclusi invece al momento dai dazi i prodotti farmaceutici, semiconduttori, rame, oro, legname e in generale alcuni prodotti non reperibili negli Usa”.

Agitate alla vigilia del “Liberation day”, le Borse europee viaggiano in rosso all’indomani del nefasto annuncio, mentre corrono in territorio positivo i player con produzioni americane. Particolarmente in difficoltà, come previsto, i brand dello sportswear: Nike e Adidas segnano entrambe un tonfo di circa dieci punti percentuali, alla luce delle tassazioni imposte al Vietnam, oltre che alla Cina, tra le principali sedi della propria produzione.

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Redazione Redazione Eventi e News