Turetta, sconcerto in carcere: "Strano, come lo abbiamo trovato oggi". Tre proiettili all'avvocato
Una busta con tre proiettili è stata recapitata oggi a Padova allo studio dell'avvocato Giovanni Caruso, il legale difensore di Filippo Turetta. E' stato lo stesso avvocato, dopo aver preso la corrispondenza e verificato il contenuto della lettera, a contattare la Questura che ha fatto intervenire presso lo studio agenti della squadra mobile, della Digos e del gabinetto interprovinciale della Polizia scientifica. La busta da lettera è stata ispezionata e le tre cartucce avvolte da un foglio di carta repertate. Nelle ultime ore, prima e dopo la sentenza di ergastolo per l'ex fidanzato di Giulia Cecchettin, avevano fatto rumore le parole dello stesso avvocato ("Il mio assistito non è Pablo Escobar"), la reazione di Gino Cecchettin, padre della ragazza uccisa brutalmente un anno fa, e la stretta di mano in tribunale tra i due, con Caruso che si era quasi scusato: “La capisco umanamente, ma il mio lavoro non è facile". "È stata un'attesa angosciante, lunga. Lo sapevo, ero pre
Una busta con tre proiettili è stata recapitata oggi a Padova allo studio dell'avvocato Giovanni Caruso, il legale difensore di Filippo Turetta. E' stato lo stesso avvocato, dopo aver preso la corrispondenza e verificato il contenuto della lettera, a contattare la Questura che ha fatto intervenire presso lo studio agenti della squadra mobile, della Digos e del gabinetto interprovinciale della Polizia scientifica. La busta da lettera è stata ispezionata e le tre cartucce avvolte da un foglio di carta repertate.
Nelle ultime ore, prima e dopo la sentenza di ergastolo per l'ex fidanzato di Giulia Cecchettin, avevano fatto rumore le parole dello stesso avvocato ("Il mio assistito non è Pablo Escobar"), la reazione di Gino Cecchettin, padre della ragazza uccisa brutalmente un anno fa, e la stretta di mano in tribunale tra i due, con Caruso che si era quasi scusato: “La capisco umanamente, ma il mio lavoro non è facile".
"È stata un'attesa angosciante, lunga. Lo sapevo, ero preparato alla parola ergastolo, sono rimasto impietrito, ma sono sereno, non mi aspettavo nulla di diverso", sono invece le prime parole, a quanto apprende l'agenzia Adnkronos che Turetta ha pronunciato in carcere dopo la condanna. Dietro l'aula al piano terra del Palazzo di giustizia, ieri Turetta ha atteso per sei ore il verdetto con accanto la polizia penitenziaria, che non ha mai lasciato solo il 22enne. In aula ha ascoltato in silenzio la sentenza pronunciata dal giudice Stefano Manduzio, ha poi interagito con il suo difensore quindi è ritornato nella cella del carcere veronese di Montorio, diretto da Francesca Gioieni, nella sezione separata che accoglie detenuti accusati di particolari violenze di genere.
Nella struttura che ospita circa 600 detenuti, Turetta oggi ha ripreso la sua routine nella "indifferenza" generale di chi vive dietro le sbarre. Chi incrocia il suo sguardo, oggi lo ha trovato stranamente loquace, "quasi sollevato dalla fine del processo, da una gogna mediatica di cui sente il peso anche nei confronti della sua famiglia", spiega una fonte all'Adnkronos.
"Lo abbiamo rassicurato, anche sul che cosa si intende per pubblicazione della sentenza, abbiamo provato ad abbassare la tensione: parlano dei gruppi social che sostengono che Turetta non esiste, abbiamo cercato di spiegargli che l'attenzione della stampa diminuirà, e tornerà alla ribalta ogni tanto, e di concentrarsi sul suo percorso. È all'inizio, ma in un anno ha già fatto buoni passi"
Qual è la vostra reazione?