Uccise il padre per difendere la madre in una lite: la decisione clamorosa dei giudici
Assolto. Quando nell'aula del tribunale la Corte d'assise d'appello di Torino ha pronunciato il verdetto, tra i banchi è esplosa la gioia. Per Alex Cotoia, che ha cambiato cognome prendendo quello della madre, può cominciare una nuova vita. Cotoia, oggi 25 anni, colpì con un coltello il padre nel corso dell'ennesimo litigio durante il quale l'uomo si scagliava contro la madre (il cognome prima era Pompa, quello del padre, appunto). Quel giorno, il 30 aprile del 2020, il giovane reagì accoltellando l'uomo. «Agì per difendersi e non per offendere», dice oggi il suo avvocato, Claudio Strata che chiede per il suo assistito la «pace» per «cominciare a vivere». Alex Cotoia, insomma, non è stato un 'giustiziere', ha agito per difendere la madre, se stesso e il fratello. In primo grado, il giovane era stato assolto dall'accusa di omicidio, una sentenza tuttavia ribaltata in appello: la condanna fu a 6 anni e 2 mesi. «Metabolizzo sempre dopo, ora voglio tornare alla normalità. La norma
Assolto. Quando nell'aula del tribunale la Corte d'assise d'appello di Torino ha pronunciato il verdetto, tra i banchi è esplosa la gioia. Per Alex Cotoia, che ha cambiato cognome prendendo quello della madre, può cominciare una nuova vita. Cotoia, oggi 25 anni, colpì con un coltello il padre nel corso dell'ennesimo litigio durante il quale l'uomo si scagliava contro la madre (il cognome prima era Pompa, quello del padre, appunto). Quel giorno, il 30 aprile del 2020, il giovane reagì accoltellando l'uomo. «Agì per difendersi e non per offendere», dice oggi il suo avvocato, Claudio Strata che chiede per il suo assistito la «pace» per «cominciare a vivere». Alex Cotoia, insomma, non è stato un 'giustiziere', ha agito per difendere la madre, se stesso e il fratello.
In primo grado, il giovane era stato assolto dall'accusa di omicidio, una sentenza tuttavia ribaltata in appello: la condanna fu a 6 anni e 2 mesi. «Metabolizzo sempre dopo, ora voglio tornare alla normalità. La normale quotidianità, il proseguimento negli studi e trovare il mio posto nel mondo, qui o all'estero - ha detto in aula il ragazzo -. Non mi ero fatto aspettative. Non ho ancora sentito mia madre, mi abbraccerà, tra noi non c'è bisogno di tante parole tra di noi». «Festeggerò con la mia cagnolina Zoe, non vedo l'ora di rivederla», aggiunge.
Lo scorso mese di luglio, davanti alla Suprema Corte, il procuratore Generale aveva chiesto un nuovo processo, sottolineando che «la Corte d'assise d'Appello non spiega cosa ha scatenato un tale comportamento in Alex. Manca la prova genetica di un alterco tra soggetti entrambi armati, mancano gli accertamenti per ricostruire i movimenti nell'appartamento dell'omicidio, i vestiti del fratello Loris non sono stati acquisiti. Questo ci impediscono di ricostruire l'accaduto, ma non possono ricadere a carico dell'imputato». Mesi, diventati anni in cui il ragazzo, oggi 25enne, il fratello e la madre venivano picchiati da un padre violento. Duecento gli episodi violenti registrati dentro la loro casa a Collegno, in provincia di Torino in meno di 24 mesi. Sarebbe stata l'esasperazione unita alla paura di essere ammazzato insieme con la madre a spingere Alex Pompa ad accoltellare a morte il padre nel 2020. La sua, dunque, era legittima difesa. Una linea portata avanti fin dall'inizio dal suo legale difensore, l'avvocato Claudio Strata che a LaPresse afferma: «Alex ora deve essere lasciato in pace, non ha praticamente ancora vissuto. Siamo contenti che sia finito un calvario giudiziario».
Qual è la vostra reazione?